La prima cosa che noto è che nei vostri discorsi emerge come perfettamente plausibile e accettabile la solitudine temporanea, più o meno lunga, come quella per esempio dei religiosi che sì, è vero, si isolano spesso dal mondo o lo fanno abitualmente per determinati periodi, ma perlopiù vivono in comunità formate da un certo numero di individui.
La seconda cosa che emerge è che la solitudine è necessaria a tutti e condivido questo pensiero, ma ovviamente solo finchè è una scelta e possibilmente sia temporanea che controllata (leggasi "momenti non mi rompete i cosiddetti"
![Very Happy :D](./images/smilies/icon_biggrin.gif)
).
Ben diverso questo dalla solitudine duratura e senza compromessi.
Bianca ogni tanto mi stupisci con la delicata e azzeccata profondità delle tue parole, in effetti le vere isole sono quelle persone che volontariamente si estraniano dal mondo pur rimanendo immersi nella società, però io mi domando se queste siano poi effettivamente isole autonome o se in fondo non approfittino, coscientemente o meno, dei vantaggi che la società e le altre persone possono offrire, pur rifiutando ove possibile i contatti umani.
In ogni caso non mi sembra un modo granchè salubre di vivere.
La domanda che da questo ragionamento consegue è questa, e chissà che non possa, con il tuo permesso, approfittare metaforicamente della tua sensibilità per trovare una risposta: E quelli che sono assenti anche tra la folla pur cercando con ogni fibra del proprio essere la compagnia altrui?
Dici che è una questione che va liquidata semplicemente come un superficiale ossimoro o potrebbe meritare ulteriori e più profonde riflessioni?