Frida Kahlo: opere che urlano.

[Bianca]

Questa era la stanza di Casa Azul in cui lei dipingeva.
Le pareti di vetro lasciavano entrare il giardino, con tutte le varie tonalità di verde e i fiori che lei amava mettersi addosso, che fosse tra i capelli, sulla scollatura o riprodotti nel ricamo dei vestiti messicani.

[Bianca]

A proposito di vestiti messicani…

I paesi dell’America Latina,
producono industrialmente capi ricamati ma si possono ancora trovare nei loro mercati o nelle case, piccoli lavori fatti dalle bimbe.

Le donne li indossano in occasione di feste popolari, religiose o anche come abiti di nozze.

Sono anche costumi indossati per distinguere le diverse popolazioni dei paesini sparsi qua e là.

A Frida piacevano molto e la mostra ne espone alcuni.



Le matassine di fili da ricamo della DMC che da noi sono difficili da trovare e sono çare, in quei paesi si comprano con poco.

[Bianca]

[Bianca]

Comprai questa allegra sciarpina calda e morbida, (un toccasana per la cervicale…) da una bimba in Guatemala a Natale del 1994.

Ancora ricordo come brillavano gli occhi della bambina mentre vendeva il suo lavoro.

[Bianca]

Grazie Ant!

Le opere di Frida hanno smesso, causa problemi tecnici, di urlare ma ora, forse, riesco a dar loro ancora voce.

[Bianca]

Quel marito che ebbe con Frida una lunghissima storia (si sposarono addirittura due volte) dovette amarla molto, ricambiato, pur non essendo una gran bellezza; soprattutto la capì e seppe starle accanto, tollerando i suoi molti tradimenti che, d’altra parte, egli le restituì , pare, senza mai smettere di amarla.

[Bianca]

[Bianca]

[Bianca]

Ecco una delle tante lettere che Frida scrisse al marito.

Non sono tanto importanti le notizie che Frida gli dà e l’amore espresso quanto osservare la scrittura.

[Bianca]

È una scrittura che rivela un certo equilibrio.
Le parole sono ben distanziate.
Nelle lettere che scendono e in quelle che salgono, la barretta diventa la cruna di un ago, in modo da poter risalire e ridiscendere senza staccare la mano.

Il fatto che ci sia un rispetto dei margini e che le righe siano ordinatamente distanziate, è poco indicativo, perché veniva spesso usata una pagina chiamata “falsa riga”, che si poneva sotto il foglio su cui si scriveva e che permetteva di vedere in trasparenza, un tracciato da cui farsi guidare.

Senso pratico, un po’ di apprensione, paura di non farcela, ordine mentale.
A me sembra che la scrittura non riveli nulla di quello che Frida ha sopportato, se non il desiderio e la capacità di vivere nonostante tutto.

[Bianca]

Povera Frida!
Abbandonata come un aratro in mezzo alla maggese.

Altri argomenti si sono fatti avanti.
E dire che ho ancora in mente quell’unica opera esposta in questa mostra che è un condensato della sua vita e delle sue sofferenze ed anche la conferma di quanto la pittura l’abbia aiutata a tirar fuori le sue pene e riuscire a conviverci.

[Bianca]

Ecco l’opera con tutto il suo drammatico significato.
È una maieutica ma non una resa.

[Bianca]

“Volevo aerei e voi mi davate ali di paglia”


Corde che costringono, i chiodi della croce che ancorano al terreno, mentre lei sognava voli, corse, capriole.

[Bianca]

Prendendo spunto da quel faticosissimo busto che lei dovette portare per parecchio tempo, che le impediva i movimenti e rendeva difficoltoso il respiro, alcuni artisti ne fecero copie, dipingendoli e rendendoli opere d’arte, in omaggio alla sua forza e al suo coraggio.

[Bianca]

Eccone una.