Le parole sbagliate nei luoghi giusti e i mezzi paladini delle cause altrui
Inviato: mar giu 22, 2021 10:54 pm
Ciao a tutti,
anche a voi capita di sentirvi infastiditi dalla gente "impegnata" sul fronte delle battaglie per i diritti civili (e che fa pressione affinché tutti supportiamo la causa, com'è in realtà giusto che sia, facendoti sentire magari un po' in colpa se non lo fai) ma che, di fatto, ignora completamente la minoranza asessuale e ci invisibilizza più di quanto faccia il resto del mondo?
Esempio: stamattina vengo coinvolta in un incontro organizzato dalla mia azienda a supporto del Pride.
Alla fine dell'incontro mi sento demotivata, contrariata e con la vaga sensazione che "stamattina era meglio se facevo altro", e vi spiego di seguito perché.
Premetto che apprezzo chi organizza e partecipa a iniziative di questo tipo, a prescindere da un più o meno autentico interesse verso la causa, perché al di là di ogni motivazione hanno un impatto positivo nei luoghi di lavoro e della socialità, promuovendo un ambiente meno discriminatorio.
Premetto anche che non sono sicura di quanto sia pertinente la mia presenza in una comunità il cui dibattito si incentra su libertà sessuale e diritti civili, dato che non sono direttamente interessata a queste tematiche, e che fondamentalmente non mi preme identificarmi in una categoria nel contesto di un argomento, il sesso, di cui non me ne può fregare di meno.
Però è anche vero che, se nella sigla di una comunità qualcuno ha inserito la "A" di "Asexual", se ne dovrà pure tener conto (in caso contrario non vedo che senso abbia lasciarla).
Ciò detto, durante questo incontro, come credo accada quasi sempre in eventi simili, vengono nominate tutte le minoranze dello spettro Lgbtq+ tranne che gli asessuali; e fin qui tutto nella norma, mi dico, perché in fin dei conti le microaggressioni che subisco io non sono paragonabili ai rischi che corrono molti gay in alcune situazioni, o alla vita di latitanza di una mia amica che rifugge casa propria da dieci anni pur di non presentare la fidanzata alla famiglia.
Però durante l'incontro viene trasmesso anche un messaggio cruciale che in sintesi suona così: "invisibilizzare le categorie minori è una microaggressione", perché "non esistono solo gli eterosessuali, ma si può essere eterosessuali, oppure gay, oppure lesbiche oppure bisessuali".
Questo, a prescindere dal fatto che io debba o possa sentirmi presa in causa o meno, mi urta per la palese contraddizione rispetto alle premesse: se mi si dice che invisibilizzare le categorie minori è una microaggressione, proprio tu, che sventoli la bandiera dell'inclusione, dovresti fare attenzione a non invisibilizzare me. E nel momento in cui, nella tua illuminata tolleranza, specifichi quali sono le categorie che ritieni essere possibili, allora dovresti menzionarle tutte oppure nessuna. Ometterne una parte, secondo la tua stessa retorica, significa invisibilizzarla ovvero "microaggredirla".
Se per il resto del mondo è di così vitale importanza ingabbiarmi in una categoria sessuale (sebbene il bisogno sessuale sia un problema solo degli altri) almeno dammi la possibilità di sentirmi rappresentata da quella che considero meno estranea alla mia natura: questo vale non tanto per la maggioranza che esclude, ma soprattutto per quella che include o che vorrebbe includere.
Oppure il discorso lascia il tempo che trova, perché in fin dei conti l'importante è che si parli di inclusione purché se ne parli, però ammettendo che in molti di questi dibattiti, che vorrebbero mostrare il lato bello dell'umanità che si impegna a migliorare il mondo, molta della bella gente che dovrebbe educare, insegnare e dare l'esempio in realtà dice una caterva di cavolate.
Espresso in altri termini: ok, il concetto di fondo non fa una piega ed è apprezzabile questa spinta verso l'apertura, ché fa sempre bene, ma... se "invisibilizzare" è una microaggressione allora anche io dovrei sentirmi microaggredita nel momento in cui la tripartizione degli individui nelle categorie sessuali mi esclude.
E qui il punto è che, se tu ometti l'esistenza di una categoria minore nel momento in cui ti ergi a paladina/o dell'inclusione, non solo ometti un'informazione ma trasmetti un'informazione fuorviante, di finta inclusione (se di fronte alla maggioranza che esclude ci si può aggrappare al "siamoTuttiSullStessaBarca", con la maggiornaza che include, nel mare dell'oblio, alla fine ci rimango solo io).
Se stamattina avessi dato davvero peso a un discorso che probabilmente era più di propaganda che di reale tensione verso le giuste cause, mi sarei sentirei esclusa e invisibilizzata.
Avrei voluto alzare la mano e intervenire per portare alla luce questa contraddizione, ma ho evitato per non generare confusione all'interno di un dibattito che è già di per sè delicato, e per non rischiare di gettare nell'ombra le buone intenzioni di fondo delle organizzatrici e degli organizzatori dell'evento.
Mi sono venute in mente tutte le volte in cui ho subito bullismo o microaggressioni da persone che come me, hanno partecipato a iniziative pro lgbtq+ o fanno addirittura parte della comunità lgbtq+ stessa. Non so quanto queste esperienze mi abbiano resa acre rispetto alla severità del mio giudizio circa quella che noto come una comune e ricorrente incoerenza di fondo.
Scusate lo sfogo, passo e chiudo.
anche a voi capita di sentirvi infastiditi dalla gente "impegnata" sul fronte delle battaglie per i diritti civili (e che fa pressione affinché tutti supportiamo la causa, com'è in realtà giusto che sia, facendoti sentire magari un po' in colpa se non lo fai) ma che, di fatto, ignora completamente la minoranza asessuale e ci invisibilizza più di quanto faccia il resto del mondo?
Esempio: stamattina vengo coinvolta in un incontro organizzato dalla mia azienda a supporto del Pride.
Alla fine dell'incontro mi sento demotivata, contrariata e con la vaga sensazione che "stamattina era meglio se facevo altro", e vi spiego di seguito perché.
Premetto che apprezzo chi organizza e partecipa a iniziative di questo tipo, a prescindere da un più o meno autentico interesse verso la causa, perché al di là di ogni motivazione hanno un impatto positivo nei luoghi di lavoro e della socialità, promuovendo un ambiente meno discriminatorio.
Premetto anche che non sono sicura di quanto sia pertinente la mia presenza in una comunità il cui dibattito si incentra su libertà sessuale e diritti civili, dato che non sono direttamente interessata a queste tematiche, e che fondamentalmente non mi preme identificarmi in una categoria nel contesto di un argomento, il sesso, di cui non me ne può fregare di meno.
Però è anche vero che, se nella sigla di una comunità qualcuno ha inserito la "A" di "Asexual", se ne dovrà pure tener conto (in caso contrario non vedo che senso abbia lasciarla).
Ciò detto, durante questo incontro, come credo accada quasi sempre in eventi simili, vengono nominate tutte le minoranze dello spettro Lgbtq+ tranne che gli asessuali; e fin qui tutto nella norma, mi dico, perché in fin dei conti le microaggressioni che subisco io non sono paragonabili ai rischi che corrono molti gay in alcune situazioni, o alla vita di latitanza di una mia amica che rifugge casa propria da dieci anni pur di non presentare la fidanzata alla famiglia.
Però durante l'incontro viene trasmesso anche un messaggio cruciale che in sintesi suona così: "invisibilizzare le categorie minori è una microaggressione", perché "non esistono solo gli eterosessuali, ma si può essere eterosessuali, oppure gay, oppure lesbiche oppure bisessuali".
Questo, a prescindere dal fatto che io debba o possa sentirmi presa in causa o meno, mi urta per la palese contraddizione rispetto alle premesse: se mi si dice che invisibilizzare le categorie minori è una microaggressione, proprio tu, che sventoli la bandiera dell'inclusione, dovresti fare attenzione a non invisibilizzare me. E nel momento in cui, nella tua illuminata tolleranza, specifichi quali sono le categorie che ritieni essere possibili, allora dovresti menzionarle tutte oppure nessuna. Ometterne una parte, secondo la tua stessa retorica, significa invisibilizzarla ovvero "microaggredirla".
Se per il resto del mondo è di così vitale importanza ingabbiarmi in una categoria sessuale (sebbene il bisogno sessuale sia un problema solo degli altri) almeno dammi la possibilità di sentirmi rappresentata da quella che considero meno estranea alla mia natura: questo vale non tanto per la maggioranza che esclude, ma soprattutto per quella che include o che vorrebbe includere.
Oppure il discorso lascia il tempo che trova, perché in fin dei conti l'importante è che si parli di inclusione purché se ne parli, però ammettendo che in molti di questi dibattiti, che vorrebbero mostrare il lato bello dell'umanità che si impegna a migliorare il mondo, molta della bella gente che dovrebbe educare, insegnare e dare l'esempio in realtà dice una caterva di cavolate.
Espresso in altri termini: ok, il concetto di fondo non fa una piega ed è apprezzabile questa spinta verso l'apertura, ché fa sempre bene, ma... se "invisibilizzare" è una microaggressione allora anche io dovrei sentirmi microaggredita nel momento in cui la tripartizione degli individui nelle categorie sessuali mi esclude.
E qui il punto è che, se tu ometti l'esistenza di una categoria minore nel momento in cui ti ergi a paladina/o dell'inclusione, non solo ometti un'informazione ma trasmetti un'informazione fuorviante, di finta inclusione (se di fronte alla maggioranza che esclude ci si può aggrappare al "siamoTuttiSullStessaBarca", con la maggiornaza che include, nel mare dell'oblio, alla fine ci rimango solo io).
Se stamattina avessi dato davvero peso a un discorso che probabilmente era più di propaganda che di reale tensione verso le giuste cause, mi sarei sentirei esclusa e invisibilizzata.
Avrei voluto alzare la mano e intervenire per portare alla luce questa contraddizione, ma ho evitato per non generare confusione all'interno di un dibattito che è già di per sè delicato, e per non rischiare di gettare nell'ombra le buone intenzioni di fondo delle organizzatrici e degli organizzatori dell'evento.
Mi sono venute in mente tutte le volte in cui ho subito bullismo o microaggressioni da persone che come me, hanno partecipato a iniziative pro lgbtq+ o fanno addirittura parte della comunità lgbtq+ stessa. Non so quanto queste esperienze mi abbiano resa acre rispetto alla severità del mio giudizio circa quella che noto come una comune e ricorrente incoerenza di fondo.
Scusate lo sfogo, passo e chiudo.