dolciximagirl84 ha scritto:Matty ha scritto:Uhm, non so se all'epoca avrei accettato queste spiegazioni, però in effetti il ragionamento non fa una piega!
Comunque è vero, da un certo momento è indispensabile distaccarsi un po', altrimenti si fa fatica a comprendere bene le difficoltà che la vita ci fa trovare, e quando arrivano ci trovano impreparati.
Per esempio io toglierei il coinvolgimento dei genitori nelle dinamiche scolastiche a partire dai 16/17 anni, gli ultimi due anni di superiori, perché mi sembra un po' buffo che a 17 anni i genitori debbano ancora andare a ricevimento dai professori per sapere come vanno a scuola i propri figli, o che debbano presenziare a riunioni che illustrano i programmi scolastici del nuovo anno. Dovrebbero essere un po' più responsabilizzati i figli e meno coinvolti i genitori. Cioè, voglio dire, ad un certo punto deve essere il figlio a cominciare a preoccuparsi se va male in matematica, e non la madre o il padre.
dipende sempre dalla maturità dei figli, fino ai 18 anni credo sia giusto "controllarli" e indirizzarli sulla strada giusta, oltre devono imparare da soli..
ovviamente sempre potendo contare su un supporto da parte loro in caso di necessità..
Esattamente, è quello il punto. Posso dirti per "esperienza" che anche a quell'età il ragazzo non ha idea di cosa combina a scuola e di come togliersi dai problemi in cui si ficca. Alcuni ragazzi, infatti, mentono ai genitori dicendo di avere dei buoni voti, ma poi andando a parlare col prof viene fuori che sono a rischio bocciatura. Se il figlio pensa che sia giusto trascurare la scuola perché "il fidanzato così, gli amici colà, ecc...", è necessario comunicare al genitore cosa succede - e credimi se ti dico che queste cose succedono.
Nel mio caso, invece, è stato un bene che mia madre potesse farsi vedere a scuola, perché i professori si facevano un'idea sbagliata di me e pensavano che fossi una di quelle che non vuole fare niente. Poi, comunque, ho avuto problemi con i professori perché sono una "testa calda" e ho litigato con qualcuno per il loro modo di fare poco professionale (ad esempio, la mia professoressa di tedesco non perdeva occasione di inviare i compiti per casa online, il giorno stesso della lezione, per mettere 2 a motore perché qualcuno non aveva fatto l'esercizio) e mia madre cercava di risolvere questi problemi.
Non hai torto ed è giusto che ragazzi più "menefreghisti" siano più responsabili, ma sia per quello che diceva Bianca -cioè, la maturità è diversa da persona a persona- che per quello che dicevo io -ci sono casi in cui, per quanto responsabile, un ragazzo avrà una parola di peso inferiore a quella di un adulto-, la presenza di un genitore è importante.
La trovata del registro elettronico è buona perché questo risparmia al genitore di andare a scuola e controllare il figlio attraverso gli insegnanti o delle chiamate, risparmia tempo.
Molte volte c'è la volontà di dimostrare che non sono i genitori a comandare sulla nostra vita, e quindi si fanno cose che sono contrarie alle loro volontà a prescindere. Gli amici spesso si tirano indietro quando c'è da criticare gli aspetti privati, penso ci sia paura di sbilanciarsi, oppure più semplicemente c'è appoggio verso queste scelte.
Sinceramente, non comprendo un discorso simile quando penso che la persona di cui parlavo ha davvero avuto tutto dalla vita. I genitori non le hanno mai detto no e ha fatto davvero tutto ciò che voleva. Se mi fossi permessa io di fare ciò che ha fatto lei, non solo le avrei prese, ma mi avrebbero tolto un sacco di libertà -ma soprattutto, mi avrebbero lasciata "stesa sul pavimento", come si suol dire da queste parti.
Io ho dei genitori che sono un po' come Bianca, forse un po' più severi. Sinceramente, il discorso del dormire a casa non l'ho compreso molto, perché lo vedo in un'ottica diversa... alla fine, per me, è solo un modo per passare più tempo con una persona che rende piacevole la compagnia. Però, Bianca ha comunque tirato fuori delle buone argomentazioni per giustificare i suoi "no". I miei, invece, sono più da "No, perché è così", o mi rifilano una motivazione diversa ogni volta che chiedi loro il "perché". Adesso comprendo che spesso avevano motivi più che validi per dirmelo e che proprio grazie a quei no ho compreso determinati "valori" e modi di pensare, tuttavia, ci sono ancora dei "perché" a cui non trovo risposta. Ad esempio, proprio perché fino alle superiori non avevo amici, mio padre si lamentava sempre del fatto che non uscissi mai e che non avessi le mie compagnie. Quando alle superiori conobbi delle ragazze che mi stavano simpatiche e che volevo frequentare, si pose contro perché queste ragazze vivevano nella città accanto, quindi questo implicava che avrebbe dovuto portarmi e venirmi a prendere e che, quindi, questo limitava la sua libertà. Certo, comprendo meglio le sue ragioni, adesso, ma trovo che questo "no" dovuto al fatto che le mie azioni influivano sulla sua libertà fosse sbagliato. Alla fine era un "no" per ripicca, non costruttivo, quindi lo trovo insensato e non metteva fine alle sue lamentele sul fatto che non uscissi mai.