Storie "MiTICHE"

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Ermy
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Storie "MiTICHE"

Messaggio da Ermy »

essendo io da sempre appassionata di mitologia e di leggende popolari apro questo topic per vedere se qualcuno apprezza le vecchie storie di una volta...le leggende tramandatesi oralmente da popoli diversi.
dalle classiche greche a quelle celtiche fino a quelle del mondo islamico(da mille e una notte)

piccole storie che racchiudono una saggezza d'altri tempi....consigli su come superare le difficoltà della vita tramite la fantasia ed il sogno.

ovviamente tutti possono postare le proprie storie preferite :)....

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Ermy
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Re: Storie "MiTICHE"

Messaggio da Ermy »

Le origini dei Boschi

Vi fu una volta, in un paese lontano, una grande isola di nome "Alberia", coperta da enormi alberi, rigogliosi come quelli del continente, che nel passato ricoprivano tutta l'Europa. Questi abitanti sedentari e muti, erano maestosi, possenti, alti, da toccare il cielo, dividevano con gli uomini, la vita nell'isola; gli alberi formavano delle congregazioni tra di loro, che furono chiamate "boss'sheiu" (Bush, Bosco): la foresta dei Platani, bosco delle Betulle, la Contea dei Castagni, e così via. Gli uomini nelle loro povere case di fango, non avevano nemmeno un nome sulla porta. Del ricco patrimonio verde d'Alberia, gli uomini, se ne servivano minimamente, si riparavano sotto le fronde dai raggi cocenti del Sole d'Estate, usavano il fogliame per farsi dei freschi giacigli, per la notte, come i loro cugini d'Africa. In inverno poi, dai boschi, gli uomini se stavano lontani , anche se abbondava la legna per i focolari. Furono gli alberi stessi, mossi a compassione nel vedere tremare i loro bambini dal freddo e fecero una grande Assemblea, decisero all'unanimità di regalare il legname da combustione alle povere popolazioni paonazze dal gelo. Gli uomini, non dovevano nemmeno faticare per spaccare e segare i schiuck (ciocchi) per adattarli ai loro piccoli camini.. La legna d'ardere cadeva dagli alberi, bella e pronta per essere attizzata, non era nemmeno necessario farla seccare. Gli alberi stessi provvedevano che ogni famiglia avesse la sua catasta e gliela facevano trovare ai piedi dei loro tronchi con tanto di nome scolpito su ogni pezzo di legno. Sotto il grande castagno, vicino al ruscello, era di proprietà di Ien, il primo Frassino del bosco era destinato a Vochos, dalla Quercia, le pire erano donate al clan di Seimocanos. La regola era stabilita dagli alberi stessi, purché tutti avessero il prezioso combustibile, senza fare torto a nessuno, gli alberi vollero provvedere in questo modo a riscaldare gli uomini nei lunghi Inverni.… Questi magnanimi Signori verdi dei boschi, soggiogavano ad una magia d'Odino. Mentre nel continente, gli alberi vivevano normalmente, senza occuparsi delle faccende degli umani… Là in quel lontano paese, tutti gli alberi non davano frutti, nemmeno una ghianda per gli scoiattoli, non avevano fiori in Primavera, nemmeno un piccolo bruco che si nutrisse delle loro foglie, gli uccelli, che in quel paese non si posavano sui rami a cinguettare, in quanto a fare il nido, gli uccelli preferivano migrare a Sud, là dove altri alberi gli ospitavano volentieri. Nemmeno i corvi prediligevano quella triste isola d'Alberia. Quando avevano raggiunto il limite d'età, gli alberi si dissolvevano nel Nulla, così come dal Nulla nascevano. Il vento non portava nemmeno un piccolo seme, in quelle terre. Nessuno poteva raccontare di avere visto un albero crescere, alto rigoglioso da un piccolo arbusto.

Accade, come spesso succede, che gli uomini d'Alberia si stancarono di questo ordine della Natura, tanto più che si adiravano molto, quando spinti dalla loro cupidigià entrarono nella foresta incantata, e rubare la legna prima che sorgesse la Luna Nuova. Nel buio più pesto gli arrivavano certe mazzate sul capo, senza sapere da che parte venivano. Shhhhh!!! Pak! Piombavano pezzi di legno da tutte le parti; tok! sulla loro teste, (da qui si coniò il detto "testa di legno"): immaginatevi i commenti, dei villici? Auh! Ahiaa! Il bitorzolo diventò una civetteria inaspettata, ad ogni Autunno, nei villaggi, si seguiva una moda scomoda, un look che provocava risate da fare venire le lacrime agli occhi, da chi, saggiamente non si era azzardato andare nel bosco, prima del tempo. Gli uomini iniziarono ad odiare gli alberi, da prima tirando loro delle pietre, poi si misero a litigare fra di loro, per la quota assegnata, andarono nel bosco con asce e seghe, mozzarono le grandi braccia degli alberi, lasciandoli per terra, non soddisfatti, si misero accanitamente ad abbattere i tronchi più grossi. Appiccarono il fuoco e le grandi foreste arsero per anni. Sulla grande isola, cadde una coltre di fumo, così densa che la luce se andò via, gli alberi che sfuggirono alle fiamme perdettero tutto il loro verde, non davano più ossigeno. La gente si ammalò, ai polmoni, la loro pelle divenne secca e bianca come farina, piena di rughe, i bambini invecchiarono precocemente, i loro capelli divennero grigi, aridi come la cenere, i loro stracci puzzavano acremente di fumo. Quello che non distruggeva il fuoco, svaniva nel nulla, le montagne diventavano calve. Sull'isola non si vide più nessun albero. Il tempo tornò indietro milioni d'anni.

Odino ebbe compassione per questo luogo, specialmente nel vedere come soffrisse la Natura in quel ambiente degenerato dalla stupidità degli umani. Fece un ampio gesto con il braccio destro e spazzò via, lontano la coltre di fuliggine, Thor, suo figlio rassodò il terreno con i fulmini, Freya, sparse ogni seme, e trasse dal suo seno ghirlande di fiori d'ogni forma e colore, inondò i campi di mille colori, là dove una volta si innalzavano foreste: lentamente la vita riprese sull'isola. Dal sacca d'Odino uscirono tanti piccoli esserini verdi dalla barba bianca, erano così piccoli che stavano sotto i funghi, Odino incaricò i Folletti alla gestione, manutenzione, tutti i boschi e le foreste della Terra, questi gnomi verdi, erano manager, capacissimi, curavano ogni albero, ogni foglia, sotto terra, portavano l'acqua alle radici, in Primavera preparavano pentoloni enormi di colore, per ravvivare i fiori, appassiti durante l'Inverno, si occupavano d'ogni albero, che avesse il suo fungo, adatto che li nutriva dalle radici, i funghi servivano anche a scomporre i tronchi quando diventavano vecchi, senza che questi, come una volta si dissolvessero nel Nulla. Posero tanti nidi per gli uccelli, adagiavano le foglie cadute dagli alberi sul terreno per formare un tappeto soffice e silenzioso, spargevano cesta di bacche, per i cinghiali. Tutto, sull'isola tornò alla normalità, gli uomini capirono il torto che fecero agli alberi, appresero dai Folletti, come fare le fascine, smisero di arrotolare e accedere alcune grosse foglie dall'odore acre, aspirando il fumo che li facevano tossire tutta la notte. Respiravano a pieni polmoni, perchè l'ossigeno prodotto dagli alberi era abbondante e fresco, la gente imitava i folletti, pulitissimi, a lavarsi ogni mattino con la rugiada e i loro bimbi crebbero forti e rubicondi…e Alberia fu ricordata come l'isola dei saggi Platani.

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Ermy
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Re: Storie "MiTICHE"

Messaggio da Ermy »

Il paese senza dolci

- Germania del Nord -

C'era una volta,nella fredda Germania del Nord, un piccolo paesino isolato dal resto del mondo. Gli abitanti del luogo erano molto legati alle tradizioni, proprio perche' non avevano contatti col mondo esterno.Il conte Haider era l'unico nobile del paese e in quanto tale era l'unica persona colta, perche'aveva potuto studiare.Per questo motivo era stato eletto sindaco. Purtroppo aveva perso la moglie e da quando era rimasto solo era diventato molto rigido e intransigente.Gli abitanti dovevano rigorosamente rispettare tutte le sue decisioni. Non c'era democrazia. La cosa piu' assurda era che in questo paese non c'erano pasticcerie! Nemmeno nelle case private si potevano fare dolci! Lo aveva proibito il conte dopo la scomparsa della moglie, la quale era morta per una indigestione di pasticcini.Quella terribile vicenda gli aveva fatto perdere la ragione...Gli abitanti non avevano la forza di ribellarsi alla sua autorita' perche' non si sentivano in grado di governare il paese. Un giorno con il vento fortissimo del Nord, giunse in paese un pellegrino, che cercava una dimora.Il conte non amava i forestieri perche' aveva paura che potessero turbare l'apparente tranquillita' di quel luogo.Comunque non gli nego' ospitalita'. Combinazione quell'uomo per vivere faceva il pasticcere! Senza preoccuparsi delle leggi del conte Haider, il pellegrino incomincio' a fare dolci per ricambiare l'ospitalita'.Quando il conte lo venne a sapere ando' su tutte le furie e caccio' immediatamente il forestiero dal pease.Gli abitanti erano tristi e stanchi per l'intransigenza del "padrone". E' vero che i dolci non erano indispensabili all'alimentazione, ma come si poteva pensare di festeggiare un compleanno soffiando sulle candeline di una torta fatta di crauti e patate?!Inoltre i bambini non mangiavano piu' dolci da cosi' tanto tempo che ormai preferivano saltare la merenda!Il pellegrino non si diede per vinto e decise di comunicare con le persone per trovare una soluzione. Insieme decisero di organizzare una festa a sorpresa per il conte; una festa a base di dolci. Cosi' fu. Con una scusa banale, invitarono il conte nella casa piu' grande del paese addobbata con festoni; quando entro' rimase impietrito! Non si aspettava un tale affronto... Basto' un applauso, un gesto d'affetto e una canzone per fare tornare il sorriso a quell'uomo, che aveva tanto sofferto...Il conte non disse una parola, nessuno gli aveva piu' fatto una torta da quando la sua amata era volata in cielo. Guardo' commosso i suoi compaesani e li abbraccio' con lo sguardo; quello sguardo di un uomo solo che aveva tanto bisogno di affetto.Quel giorno il conte decise di istituire la festa del dolce.Ancora oggi i pellegrini di tutto il mondo si fermano in quel paese, per la "festa del dolce" e per assaggiare le prelibatezze della pasticceria "Il pellegrino".

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Re: Le origini dei Boschi

Messaggio da tregiraffe »

Ermy ha scritto:Accade, come spesso succede, che gli uomini d'Alberia si stancarono di questo ordine della Natura---.....
Odino ebbe compassione per questo luogo, specialmente nel vedere come soffrisse la Natura in quel ambiente degenerato dalla stupidità degli umani.......
Sappiamo che Odino e Thor e i loro project manager potrebbero educare la popolazione (che da sola, come massa, non ci arriverebbe) a comportarsi ognuno per quanto sta nelle sue possibilità, ed ognuno a seconda delle sue qualità a partecipare alla vita comunitaria, senza vivere stupidamente alla giornata e a cavare quanto piu' possibile ci riservi la provvidenza o il caso :).....
Ma abbiamo già visto in passato che Odino e Thor una volta raggiunta dittatura in ogni decisione hanno fallito.
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Re: Il Paese senza dolci

Messaggio da tregiraffe »

Ermy ha scritto:Nemmeno nelle case private si potevano fare dolci! Lo aveva proibito il conte dopo la scomparsa della moglie, la quale era morta per una indigestione di pasticcini..
Mi riallaccio al tema precedente.
Ogni dittatura fallisce per debolezza.
Il conte aveva un terrore soggettivo per i dolci e trascurava le categorie di persone che chiedevano diritti a consumarne.
Sappiamo che la soluzione potrebbe essere creare uno spazio di consumatori di dolci e un altro spazio per persone che per ideologia o fisiologia non ci si avvicinano, cosi' che ognuno possa scegliere quale spazio occupare e/o frequentare e con chi, e nessuno mai potrebbe affermare che una persona consumatrice di dolci non possieda dignità al pari di qualsiasi altra. Queste si chiamano utopie e a me sono carissime.
Vorrei aggiungere che il tema dei DOLCI è solo indicativo, e la storia è applicabile ad ogni sorta di esigenza.
Sappiamo anche che esistono dittature (politiche e religiose) consapevoli dei bisogni primari della popolazione, e che anzi (e soprattutto!!) fanno leva proprio su questi per trovare giustificazione alla repressione.
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Ermy
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Re: Storie "MiTICHE"

Messaggio da Ermy »

Azzurrina

- leggenda dell'Emilia Romagna-


Nel 1375 il "Mons belli" è sotto il dominio dei Malatesta. Ugolinuccio Malatesta, signore di Montebello, è fuori in battaglia e ha affidato la sua bambina, Guendalina, a due guardie di fiducia. Perché una fanciulla in tenera età (tra i sei e gli otto anni) si trova in una fortezza da guerra qual era il Castello di Montebello, con la sola compagnia di uomini armati?

Guendalina era nata albina, quindi chiara di pelle, capelli e occhi; bianca come la neve. Nel Medioevo questa caratteristica era ritenuta espressione del demonio, le donne con i capelli bianchi o rossi erano ritenute streghe, perciò i genitori della bambina per proteggerla, la nascosero agli occhi maligni con una tintura per capelli e l'isolamento nella fortezza. Il particolare effetto azzurrato dei capelli, dopo la tintura vegetale a cui erano sottoposti, accompagnato all'azzurro limpido degli occhi, le valse il soprannome di Azzurrina. Come abbiamo detto, in quei giorni il padre era assente, in guerra. Corrono i giorni del solstizio d'estate, scoppia un forte temporale e Azzurrina è costretta a giocare all'interno del castello, guardata a vista dalle guardie. La piccola si sta trastullando con una palla di stracci che fa rotolare per corridoi e scale, finché le sfugge di mano e precipita giù nel sotterraneo dove si conservano i cibi. La bambina insegue la palla e scende le strette e lunghe scale che conducono alla ghiacciaia. I due armigeri non si preoccupano più di tanto e la lasciano andare, da lì non si può raggiungere nessun altro posto del castello. Succede tutto in un attimo: una corsa, un grido e la bambina scompare per sempre. Le guardie richiamate dall'urlo, accorrono nei sotterranei ma non trovano traccia di anima viva. La bambina è scomparsa nel nulla e da allora non viene più ritrovata. Il Malatesta si dispera e fa condannare a morte i due armigeri, unici testimoni della misteriosa disgrazia, a cui non crede, come tanti altri nel corso dei secoli. La misteriosa scomparsa di Guendalina Malatesta però non è una favola ma un fatto realmente avvenuto; è narrata in una cronaca del'600, custodita nella biblioteca del castello. Così nasce la leggenda di Azzurrina, la bimba che da quel lontano 1375 continua ad abitare le stanze del Castello di Montebello. Giunta fino a noi in un'eco tra il pianto e il riso dalle registrazioni delle troupe televisive effettuate nel 1990 e nel 1995, nel castello disabitato, a porte chiuse, con microfoni ultrasensibili, la voce di Azzurrina continua a farsi sentire avvincendoci con il suo intrigante mistero e attirandoci tra le mura del suo castello, diventato monumento nazionale e custodito fino al 1998 dalla professoressa Welleda Villa Tiboni, recentemente scomparsa. L'ultima "castellana di Montebello" sarà anche l'ultima custode del segreto celato dietro la scomparsa di Azzurrina, di cui finalmente sveleremo il mistero. La versione ufficiale della storia è la versione propinata dagli unici testimoni della tragedia, i due soldati addetti alla scorta della bambina. È quella che viene raccontata ai visitatori del castello, da quando questo è diventato un monumento d'interesse nazionale e di singolare attrazione. Queste mura hanno custodito per sei secoli il segreto di quella tragica giornata. Alcuni anni fa un medium, durante una seduta tenutasi nel castello, si è messo in contatto con lo spirito di Azzurrina, la quale ha finalmente raccontato come sono andate realmente le cose. Fu un incidente. Guendalina, nel rincorrere la palla, cascò dalle scale e morì sul colpo. I due guardiani accorsero troppo tardi e trovarono la bambina ormai senza vita. Spaventati, rei di negligenza, essendo i responsabili dell'incolumità della figlia del loro signore e temendo una terribile punizione o la morte stessa, occultarono il cadavere, seppellendolo nel giardino e raccontando poi a tutti la versione della leggendaria sparizione. I due sventurati andarono incontro alla morte lo stesso e si portarono nella tomba il terribile fardello. Quante persone allora piansero la scomparsa della bimba e quanti ancora si commuovono a sentire narrare la sua storia, ma Azzurrina ha detto di essere felice e di voler continuare a vivere dentro l'amato Castello di Montebello, assieme ai suoi amici di ieri e di oggi.

Lasciamola riposare in pace sotto il verde di quello che fu il suo giardino, lasciamola abitare le stanze di quella che fu la sua breve dimora; azzurro angelo custode del Borgo di Montebello.

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Re: Storie "MiTICHE"

Messaggio da Ermy »

La prima Stella Alpina

Leggenda della Val D'Aosta


Una volta tanto tempo fa una montagna malata di solitudine piangeva in silenzio. Tutti la guardavano stupiti: gli abeti, i faggi, le querce, le pervinche e i rododendri. Nessuna pianta però poteva farci niente, poiché era legata alla terra dalle radici. Così neppure un fiore sarebbe potuto sbocciare tra le sue rocce. Se ne accorsero anche le stelle, quando una notte le nuvole erano volate via per giocare a rimpiattino tra i rami dei pini più alti. Una di loro ebbe pietà di quel pianto senza speranza e scese guizzando dal cielo. Scivolò tra le rocce e i crepacci della montagna, finché si posò stancamente sull'orlo di un precipizio. Brrr!!! Che freddo faceva! ...Che pazza era stata a lasciare la quiete tranquilla del cielo! Il gelo l'avrebbe certamente uccisa. Ma la montagna corse ai ripari, grata per quella prova di amicizia data col cuore. Avvolse la stella con le sue mani di roccia in una morbida peluria bianca. Quindi la strinse, legandola a sé con radici tenaci. E quando l'alba spuntò, era nata la prima stella alpina...

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Re: Azzurrina

Messaggio da tregiraffe »

Ermy ha scritto:Lasciamola riposare in pace sotto il verde di quello che fu il suo giardino, lasciamola abitare le stanze di quella che fu la sua breve dimora; azzurro angelo custode del Borgo di Montebello.
Avrei preferito che la storia fosse terminata con qualcuno che ne avesse avuto pena, avesse sottratto Azzurrina dalla sua prigionia e l'avesse educata in modo da far della sua anomalia un punto di forza.

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Re: La prima Stella Alpina

Messaggio da tregiraffe »

Ermy ha scritto:E quando l'alba spuntò, era nata la prima stella alpina...
Questa è molto bella :-)

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Thor figlio di Odino e La Terra dei Giganti

Messaggio da tregiraffe »

- Mitologia celtica -

Quella mattina Thor era nervosissimo: si era appena svegliato e non trovava più il suo martello, il prodigioso Mjóinir. I suoi passi rintronavano in tutta Asgard causando spaventosi terremoti, terribile eco dell'ira divina.
Infine, con un urlo bestiale, Thor chiamò Loki, ambiguo signore d'ogni astuzia.
Esperto negli inganni e conoscitore profondo della malvagità, Loki capi subito che il colpevole era da ricercarsi nello Jótunheim, la terra dei giganti.
Senza perdere un attimo, i due si recarono dalla bellissima Freya per chiederle il prezioso mantello di piume di falco: indossato quell'abito straordinario, Loki si alzo' in volo e giunse più rapidamente che mai nelle regioni dei giganti.
Su un colle, intento a pavoneggiarsi con i suoi cani, era seduto Thrym, un re molto potente. Thrym, con malcelata ironia, chiese a Loki se tutto andasse bene lassù tra gli dèi. L'astuto inviato divino capì immediatamente che aveva davanti a sé il colpevole e gli raccontò dell'ira di Thor.
Ma il gigante gli confessò di aver sotterrato il sacro martello nelle profondità della terra e che mai gli dèi lo avrebbero riavuto se non quando gli avessero concesso come sposa l'affascinante signora d'ogni beltà: Freya!!
La missione di Loki era terminata: il dio volò velocemente verso Asgard, portando le tristi notizie. Subito dopo, Thor si recò da Freya per implorarla di accettare l'offerta di matrimonio. Ma la dea, indignatissima, rifiutò.
Bisognava convocare l'assemblea divina ed escogitare un piano per recuperare Mjólnir. Il saggio Heimdall propose che Thor, travestito da Freya, si recasse tra i giganti e riprendesse il maltolto. Il signore del tuono si dimostrò poco felice della proposta poichè temeva lo scherno: lui, il possente Thor vestito da femmina! Ma Loki, Signore di ogni tranello, gli consigliò di accettare: si offrì di accompagnarlo, vestendosi anch'egli da donna. Thor accettò la proposta di Heimdaììr.
Si vide allora uno spettacolo magnifico: Thor graziosamente agghindato con vestimenti femminili: una lunga tunica, finemente drappeggiata sul suo bel corpo muscoloso, gli giungeva fino alle ginocchia. Le folte chiome divine vennero trattenute con nastri riccamente ornati, tempestati di pietre preziose.
Le due "donne" montarono sul cocchio trainato dai capri e corsero verso la terra dei giganti. Giunsero alla corte di Thrym che, ignaro, accolse la promessa sposa e la sua damigella. Fece preparare un sontuoso banchetto e diede ordine di iniziare la cerimonia nuziale. Fu portato il sacro martello Mjolnir che, secondo le antichissime usanze, doveva essere posto sul grembo della sposa per augurarle prosperità e fecondità. Alla vista dei suo martello Thor sorrise e, afferratolo con entrambe le mani seminò morte e distruzione tutt'intorno. Ovviamente il primo micidiale colpo fu riservato all'incauto Thrym, beffato e punito per la sua arroganza e ingenuità.
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Thor, Dio del tuono, era patrono dei marinai, degli agricoltori e delle classi meno abbienti.
Riproduzioni del martello, simbolo di Ordine contro la forza del caos deleterio, erano molto popolari in Scandinavia.
Con l'avvento della cristianizzazione, il martello fu in competizione con il simbolo della croce e talvolta indossato dietro di essa; assunse anche evoluzioni diverse, come la wolfscross:
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Re: Storie "MiTICHE"

Messaggio da Ermy »

MA che bel fustacchione questo Thor....:D mi ricorda terribilimente He man....ve lo ricordate? quella serie animata americana degli anni ottanta?.... fighissimo....soprattutto la sigla iniziale...

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Re: Storie "MiTICHE"

Messaggio da Ermy »

grazie a TRegiraffe....
si parlerà di Freya

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Freya,

il cui nome significa 'Signora' o 'Padrona: è la dea nordica dell'amore, del desiderio e della magia, ma è signora anche della guerra e della morte: dopo ogni battaglia Freya e Odino si dedicano alla raccolta delle anime dei morti. Coloro che hanno la fortuna di essere scelti da Freya vengono portati alla dimora eterna nell'Altro Mondo: qui partecipano a feste rallegrate dalla musica, dalle arti e dall' amore. In questa storia Freya usa il suo potere magico per soddisfare i propri desideri.

Tanto tempo fa, alla corte di Odino il Terribile, c'era una dea di nome Freya, la cui bellezza era unica: i suoi capelli lunghissimi scintillavano come il fodero d'oro di una spada e i suoi occhi erano di un blu intenso come il colore del mare. Freya camminava con la grazia di una danzatrice ed era molto vanitosa, tanto che possedeva dieci stanze piene di gonne e mantelli e sei stanze piene di scarpe e stivali. Ma soprattutto Freya amava i gioielli. Una notte d'inverno, mentre dormiva all'interno del palazzo, ella sognò un antico albero: il suo grande tronco emanava un misterioso fascio di luce, intenso come se provenisse da un diamante.


Freya si svegliò e si avvolse la coperta attorno alle spalle. "lo so dove si trova!" esclamò ad alta voce. E voglio scoprire perchè ho sognato proprio quell'albero" si disse sedendosi sul bordo del letto , poi indossò gli stivali profilati di pelliccia e il mantello di penne di falco, mentre attraversava gli enormi saloni del suo palazzo, si infilò anche dei lunghi guanti neri. Poi salì le scale che conducevano alla torre e da lì, alla luce delle stelle, si librò nella fredda aria notturna verso la Terra, alla ricerca dell' albero. Ella lo trovò proprio dove si ricordava che fosse all'interno di un boschetto sacro. Sfilandosi il guanto, Freya fece scivolare la mano sulla corteccia irregolare, nel punto in cui aveva visto, in sogno, il fascio di luce. E, come aveva sperato, l'albero si aprì in due parti, rivelando un passaggio che conduceva all'interno della Terra. A Freya parve di sentire un canto lontano ed il battere ritmico e penetrante di un martello. La sua passione per la musica e l'atmosfera piena di mistero fecero sì che i battiti del suo cuore accelerassero e così ella si affrettò a scendere nel passaggio. Freya arrivò presto in una caverna poco illuminata. Scrutando ansiosamente, nella penombra, ella intravide quattro gnomi che lavoravano alla più bella collana che lei avesse mai visto; numerose file di raffinati diamanti pendevano da diverse catene d'oro e la loro luce danzava sulle pareti della caverna, come le stelle scintillanti della Via Lattea. Freya si afferrò la gola con le mani, sospirando per il desiderio di possederla. "Chiunque indossi quella collana ha la benedizione della Terra e del Cielo" pensò tra sé. "Oh, no!" disse improvvisamente lo gnomo Dvalin al suo compagno Alfrigg, mentre martellava l'oro. "La bellezza di una creatura sta rischiarando la nostra caverna!" "E' vero!" disse Berling a Grerr, mentre tagliava i diamanti. "Il desiderio di quella creatura riempie la caverna." "Se aumenta ancora" riprese Alfrigg "i nostri cuori verranno schiacciati nella polvere! "Gentili Signori" disse la dea avanzando di un passo "scusate l'intrusione. lo sono Freya, Protettrice delle Arti Raffinate."

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I quattro gnomi posarono i loro strumenti mentre la donna faceva loro un inchino. Dvalin, il più coraggioso, le offrì il braccio per aiutarla ad alzarsi. "Voi, uomini saggi, siete maestri nella vostra arte" disse Freya. "Se questo tesoro di luce fosse in vendita, vi darei oro e argento, gioia e giovinezza eterna. Sarei così onorata di indossare i gioielli che sono opera delle vostre mani!" Ora, come potete ben immaginare, i quattro erano alquanto stupiti. Gli gnomi del sottosuolo lavorano anni interi senza ricevere visita alcuna. Berling, il più nervoso, tossì e batté i piedi per terra. Quindi Alfrigg, che si occupava dei rapporti commerciali, si schiarì la voce e disse: "Mia Signora, come vedete noi possediamo tutte le ricchezze di cui abbiamo bisogno. La Terra ci dà enormi vene d'oro e miniere di pietre preziose. Siamo più vecchi delle stelle e, come potete percepire dal nostro canto gioioso, amiamo tantissimo il nostro lavoro. Noi non abbiamo bisogno di ciò che ci offrite." Freya era terribilmente triste. Che cos' altro avrebbe potuto promettere? "C'è solo una cosa che potremmo accettare in cambio" disse Alfrigg. "Che cosa dunque?" gridò Freya per l'eccitazione e poi, senza riflettere, aggiunse: "Qualunque cosa sia, è vostra!" Dvalin, il più bello dei quattro, prese la mano di Freya e le indirizzò un dolce sorriso.



"La vostra compagnia, Signora. Se accettate di rimanere con noi fino a quando avremo terminato la nostra opera, quattro giorni ancora, la collana sarà vostra. La bellezza si accompagna alla bellezza, mia Signora! " Il sorriso attraversò il bel viso di Freya come il sole che sorge sull' oceano . "Naturalmente, Signori miei, sarò felice di essere vostra ospite! I quattro gnomi fecero un inchino. Poi Freya li abbracciò e una lunga festa, che durò quattro giorni e quattro notti, ebbe inizio. Mentre Alfrigg continuava a lavorare alla collana, Dvalin suonava il flauto, Grerr ballava con Freya e Berling cucinava. Freya danzò con ciascuno di loro. Insieme cantarono tutti i canti che conoscevano e, quando furono stanchi, Freya raccontò loro incredibili storie che li fecero ridere a crepapelle. Intanto, accanto all' albero sopra la caverna degli gnomi, qualcuno attendeva il ritorno di Freya: era Odino, che aveva preso le sembianze di un topo. Per quattro giorni e quattro notti egli cercò di entrare nell' albero sacro e la quarta notte la sua curiosità si era ormai trasformata in rabbia. "Che cosa starà mai facendo Freya da quattro giorni e quattro notti all'interno di un albero?" pensava furioso. Proprio in quel momento Dvalin aggiunse la chiusura alla collana e poi mise il gioiello al collo di Freya. La dea era raggiante perché possedeva, finalmente, l'oggetto del suo desiderio. Odino sentì le loro voci diventare più forti e si nascose: mentre l'albero si apriva in due, la luce della collana accecò i suoi piccoli occhi di topo. Odino li socchiuse e così poté scorgere Freya che abbracciava e baciava i quattro gnomi. Quando vide la magnifica collana che illuminava il collo di Freya divenne così furioso che rimase nascosto anche dopo la partenza della donna. Poi si accorse che uno scoiattolo nero, perfettamente immobile sul ramo di un albero, lo stava osservando.
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Lo scoiattolo improvvisamente starnutì, emettendo un suono umano; Odino capì subito che lo scoiattolo era Loki, l'assistente di Freya, e lo stava spiando. "Hai visto, Loki? Freya ha convinto i quattro gnomi a consegnarle la loro opera d'arte . Voglio che tu mi porti la collana!" Loki ridacchiò: " Impossibile. La mia padrona la porta al collo. " Odino riprese le sue sembianze umane e afferrò lo scoiattolo per la gola: "Ti darò in pasto ai lupi se non avrò la collana domani all'alba!" lo minacciò. Povero Loki! Quale altra scelta aveva? Tornando a palazzo prese le sembianze di una particella di polvere e aspettò che la prima brezza mattutina lo portasse fino alla stanza da letto di Freya. Una volta entrato, Loki si trasformò in una pulce. Saltando sul letto, egli trovò Freya profondamente addormentata, con la collana ancora al collo. Così saltò sulla sua testa, alla ricerca della chiusura d'oro, ma si rese subito conto che era lontana dalla sua portata. Allora aprì le sue minuscole mandibole sulla spalla della dea e le morse la pelle morbida. Proprio come aveva sperato, Freya si girò su un fianco, ma non si svegliò. Riacquistando la sua forma umana Loki aprì la chiusura della collana e la fece cadere in tasca; poi sorrise mentre usciva fiero dalla stanza, lasciando la porta completamente spalancata. Freya si risvegliò solo a metà pomeriggio. La dea si tastò subito il collo alla ricerca della collana e, non trovando la , saltò in piedi come una furia. Solo Loki poteva entrare liberamente nel palazzo e solo Odino avrebbe potuto dare ordini a Loki. Così la dea indossò nuovamente il suo mantello di penne di falco e volò al palazzo di Odino. "Voglio che tu mi restituisca la mia collana!" disse la dea, facendo un gesto con la mano verso i lupi di Odino, i quali sbadigliarono e caddero subito in un sonno profondo. Odino non si scompose. "Questa collana brilla come una stella" disse con un sorriso compiaciuto, facendo scivolare i diamanti tra le dita. "Voglio che tu mi restituisca la mia collana!" ripeté la dea. "Questa collana è stata realizzata da artigiani straordinariamente abili e i suoi diamanti sono stati tagliati da un vero maestro" disse Odino. "Sì, è proprio un tesoro raro. E io ti restituirò la collana, mia cara Freya, ma solo se mi darai qualcosa in cambio!". Freya sospirò. "Vuoi che organizzi una battaglia, non è vero?" "Sì, naturalmente, ma non una battaglia qualunque Voglio che sia una battaglia tra due re le cui legioni giungano fino all'orizzonte . Voglio che ci sia odio profondo . Voglio che ci sia furia nei cuori dei capitani e dei loro uomini e voglio che combattano fino alla fine: li voglio vedere tutti morti sul campo di battaglia."
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E poi Odino aggiunse: "Non basta: in cambio di questa scintillante collana, dovrai far rinascere ciascuno di loro perché il loro odio riviva ancora. Dammi due turni di battaglia vera e riavrai la tua cascata di stelle." Freya fece un passo indietro e meditò sulle parole che aveva udito, poi si rivolse di nuovo a Odino: "Farò tutto ciò che mi hai chiesto, ma solo se potrò avere subito la mia collana!" Odino consegnò la collana a Freya, che la indossò immediatamente. La sua luce risplendette accecante, tanto che Odino dovette ripararsi gli occhi con la mano. Freya si diresse al balcone del palazzo di Odino. Lì, alzò le braccia e il mantello si aprì formando due grandi ali. Poi si alzò in volo dirigendosi sulla Terra: doveva trovare due re violenti e bellicosi.

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Ermy
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Re: Storie "MiTICHE"

Messaggio da Ermy »

Ama Terasu

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leggenda Giapponese

Ama Terasu, il cui nome significa 'Colei che brilla nel cielo: è la dea scintoista del Sole. E' colei che governa le sei direzioni: Nord, Sud, Est, Ovest, il Grande Sopra e il Grande Sotto. Venerata in Giappone ancora oggi, Ama Terasu è considerata la Madre ancestrale dei Giapponesi. Questa storia, che inizia con la descrizione della sua nascita, narra della sua scomparsa, quando lasciò il Cielo e la Terra nell'oscurità.



Tanto tempo fa, quando il mondo non esisteva ancora, i primi dei nacquero in Cielo. La prima dea, Colei Che Invita, e suo marito, Colui Che Invita, vivevano sul ponte che collega il Cielo alla Terra e insieme crearono l'isola del Giappone. Poi Colei Che Invita diede vita agli dei e alle dee che dominavano le montagne della Terra, i ruscelli e i laghi. Per ultimo diede vita al dio del fuoco, il cui calore bruciante uccise Colei Che Invita. Colui Che Invita si inginocchiò al fianco della moglie e la tenne tra le braccia, versando fiumi di lacrime. Colui Che Invita pianse per giorni e giorni. Alla fine, una bambina nata dal suo occhio, la cui bellezza e gentilezza procuravano gioia immediata, lo fece finalmente sorridere. La tua luce è così brillante che ho deciso di chiamar ti Ama Terasu" disse Colui Che Invita. Tu reggerai le Alte Pianure del Cielo, bambina mia." Colui Che Invita era così felice per la nascita della bimba che subito si tolse la preziosa collana che portava al collo e la donò alla figlia. Poi, dal naso di Colui Che Invita, nacque un maschio che subito iniziò a contorcersi e a rotolare di qua e di là. Appena riuscì ad alzarsi in piedi, il bambino si mise a saltare da un piede all' altro e, quando finalmente imparò a camminare, cominciò a correre attorno al padre e alla sorella con grande eccitazione.

Ti chiamerò Susano, che significa 'Coraggioso, Veloce e Impetuoso', figlio mio" disse il padre. Tu guiderai i Mari e le Terre del Mondo qui sotto." Ama Terasu cominciò subito ad occuparsi del Cielo, invece Susano non aveva alcuna intenzione di dedicarsi a ciò che gli era stato affidato: era spesso di cattivo umore, tanto che trascurò la Terra, al punto che i mari si prosciugarono, le foreste diventarono deserti e la vegetazione appassì. Colui Che Invita era furioso con il figlio per la sua disubbidienza e lo cacciò dalle Alte Pianure del Cielo. "Padre, ti prego, prima che io me ne vada per sempre, lascia che dica addio alla mia illustre sorella!" lo supplicò Susano. Colui Che Invita acconsentì e Susano salì al Cielo. Sotto di lui le montagne e i fiumi tremavano e ruggivano, come avvertimento per Ama Terasu. "Mio fratello 'Coraggioso, Veloce ed Impetuoso' sta venendo da me" disse tra sé la dea. Ora che gli sono stati tolti i suoi domini, vorrà prendersi i miei! " Ama Terasu avvolse i capelli in due crocchie, che infilò sotto il copricapo e coprì le armi con preziose catene di pietre sfavillanti. Poi lanciò cinquecento frecce con il suo arco. Quindi, senza abbandonare l'arco, si sedette sopra ad una nuvola, osservando Susano che saliva in Cielo.
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Al suo arrivo Ama Terasu batté il piede e un forte vento si alzò all'improvviso. "Che cosa ti porta qui da me, fratello?" chiese la dea. "Sono venuto a dirti addio in segno di rispetto, illustre sorella, prima di andarmene per sempre" rispose Susano . Poi Susano proseguì, dicendo le quanto le voleva bene e quanto gli sarebbe mancata, ma erano solo bugie. In realtà Susano era geloso della gloriosa sorella, la cui luce brillava in Cielo e in Terra. "Sono venuto qui con cuore sincero e vorrei che entrambi dessimo alla luce dei figli: io darò alla luce dei maschi e tu delle femmine" propose Susano. Ama Terasu fu d'accordo. Dal suo respiro la dea generò alcune dee e dal respiro del fratello nacquero degli dei. Eccitato dal successo Susano iniziò a saltare, agitando scompostamente le braccia in una selvaggia danza di vittoria. Come al solito la sua gioia era impetuosa come le acque di un ruscello nei pressi di una cascata. Susano corse tra i campi di riso, urlando con voce tonante: "Ho dimostrato a mia sorella che non voglio farle del male! Le ho mostrato i miei figli!" Susano sembrò non accorgersi che in quel modo distruggeva le capanne dei contadini e i raccolti e, scalciando, riempiva i canali d'irrigazione con enormi zolle di terra. Susano parve non rendersi conto neppure che aveva buttato a terra tutti i tavoli che erano stati preparati per la Celebrazione dei Primi Frutti. "Mio fratello è un selvaggio!" pensò Ama Terasu. "Ma tra un po' si calmerà." Quindi si tolse l'abito da guerriero, la faretra e l'arco e raggiunse le altre dee nel Sacro Tempio del Ricamo. Il fratello intanto continuava a correre con impeto, distruggendo tutto quello che incontrava. Quando Susano si rese conto che la sorella lo stava ignorando, la sua eccitazione si trasformò in rabbia: "Le farò vedere io quanto sono potente!" decise. Susano lanciò una lunga sbarra di metallo sul tetto del Sacro TemPio del Ricamo: si aprì una larga crepa e il tetto finì per crollare. Le donne all'interno del tempio urlarono di paura; la sbarra, cadendo, spezzò a metà il telaio di Ama Terasu. "Mio padre ha fatto bene a bandirlo. Susano non ha alcuna intenzione di comportarsi come dovrebbe!" disse. "Non voglio più vederlo!" gridò, mentre lasciava il tempio in direzione della Caverna Rocciosa del Cielo. Dopo esservi entrata, la dea sprangò la porta dietro di sé. Naturalmente, subito il Cielo e la Terra furono immersi nell' oscurità. Gli dei e le dee, ottocento in tutto, andavano a tentoni alla ricerca di un lume. Poi, alla luce fioca delle lanterne, si diressero tutti al Fiume Tranquillo; lì uno degli dei, Pensieri Di Ognuno, studiò un piano. Gli uccelli notturni cantavano, mentre gli dei e le dee toglievano le rocce dal Fiume Tranquillo e portavano del ferro che proveniva dalle Montagne di Metallo del Cielo. In quella notte eterna, alla luce fioca delle lanterne, una dea, fabbro esperto, chiese alla dea Un Occhio di erigere una fucina fuori dalla Caverna Rocciosa del Cielo. Poi accese un fuoco, nel quale fuse la roccia del fiume e il ferro, creando un bellissimo specchio.

Quindi, con il suo scialle, Un Occhio pulì lo specchio finché fu liscio come la superficie del fiume stesso. Un vecchio ciliegio fu sradicato e trapiantato vicino all' entrata della Caverna Rocciosa e il Grande Specchio del Cielo fu posto tra i suoi rami, decorati con festoni e fili preziosi. Gli dei vi posero anche del tessuto bianco e blu morbidissimo, come offerta ad Ama Terasu. Poi iniziarono a recitare i rituali per invocare il suo ritorno. Quindi la dea Izume, Colei Che Da L' Allarme, trascinò una tinozza di metallo pesante fino all' entrata della caverna. Grattando contro la roccia la tinozza emise uno stridio terribile, tanto che gli dei dovettero tapparsi le orecchie. "Che cosa provoca questo rumore?" si chiedeva Ama Terasu. Izume capovolse la tinozza, vi salì sopra ed iniziò a battere i piedi, danzando, cantando e facendo volteggiare la propria sciarpa. Poi si accovacciò, facendosi piccola, e si schiacciò il viso fino a quando divenne piccolo come una susina. Infine prese a saltare e si allungò il viso fino a quando la bocca non diventò un' ampia caverna. Izume si mise a testa in giù appoggiandosi sui gomiti. Poi incrociò le braccia e le gambe e legò il suo corpo in un nodo. Tutti gli dei e le dee scoppiarono a ridere. Izume trovava sempre qualcosa di nuovo da fare con il proprio corpo e l'ilarità di tutti gli ottocento dei diventò sempre più sguaiata, fino a che le loro risate si trasformarono in un tuono. "Che cosa sta mai succedendo lì fuori, nell' oscurità?" si chiedeva Ama Terasu. La sua curiosità era forte, però la dea non uscì dalla caverna. Izume sollevò un telo , che oscurava la gabbia con i dodici galli che erano soliti cantare prima dell' alba. I galli pensarono allora che fosse il momento di cantare e così emisero i loro chicchirichì' . "Perché i galli cantano? Non c'è luce là fuori!". La curiosità di Ama Terasu era troppo forte, così la dea aprì la porta della caverna e disse: "Chi può essere così felice in un mondo senza luce?" "Stiamo celebrando Ama Terasu" disse Izume. "Stiamo celebrando l'arrivo della dea del Sole, la cui luce è brillante come la tua!" "Devo incontrare questa dea!" disse Ama Terasu, spalancando la porta della caverna. Gli dei inclinarono allora lo specchio, in modo che riflettesse la sua immagine. La luce si diffuse per le Alte Pianure del Cielo e i suoi raggi arrivarono fino alla Terra e ancora più in là.
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Immediatamente il dio Forza Della Mano Del Cielo prese Ama Terasu per mano e la condusse di fronte allo specchio. Nessuno, a quei tempi, aveva mai visto uno specchio, nemmeno Ama Terasu. Quando la dea si rese conto che stava osservando la propria immagine, sorrise e tutti gli dei e le dee invocarono il suo nome. Pensieri Di Ognuno fece un passo avanti: "Ci è mancato il tuo calore, Ama Terasu degna di ogni onore. Senza di te non vi è gioia nelle Alte Pianure del Cielo. Senza i tuoi potenti raggi non cresce niente sulla Terra. Ti prego, non chiuderti più all'interno della Caverna Rocciosa." Ama Terasu assentì. "State sicuri che non nasconderò più la mia luce al Mondo." Poi fece un inchino agli altri dei e disse: "Questa superficie luccicante che moltiplica i raggi del sole è sacra! Adorate questo Specchio Celeste come adorate la vostra stessa anima!" Gli dei e le dee decisero di punire Susano per l'enorme danno che aveva causato e gli tagliarono la barba, prima di bandirlo dalle Alte Pianure del Cielo. Ama Terasu mandò poi lo Specchio Celeste sulla Terra dove viene ancora custodito in un tempio costruito in suo onore.

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Re: Ama Terasu

Messaggio da tregiraffe »

Ermy ha scritto:Per ultimo diede vita al dio del fuoco, il cui calore bruciante uccise Colei Che Invita
Mi ricorda La Regina della Notte e Sarastro nel "Flauto Magico" di Mozart, due forze inconciliabili: la notte umida e il sole che tutto brucia.
Ermy ha scritto:Susano non aveva alcuna intenzione di dedicarsi a ciò che gli era stato affidato: era spesso di cattivo umore, tanto che trascurò la Terra, al punto che i mari si prosciugarono, le foreste diventarono deserti e la vegetazione appassì
Questo mi ricorda la mia nuova coinquilina.... :smt013
Ermy ha scritto:gli tagliarono la barba
Nella Bibbia per un Giudeo non avere la barba era una vergogna.
"Allora Hanun prese i servi di Davide, fece loro radere metà della barba e tagliare le loro vesti a metà fino alle natiche, poi li lasciò andare. Informato della cosa, Davide mandò alcuni ad incontrarli, perché quegli uomini erano pieni di vergogna. Il re fece dir loro: «Rimanete a Gerico finché vi ricresca la barba, poi ritornerete».” (2Sa 10:4-5)"

Il codino del samurai indica la sua condizione di nobile guerriero. Tagliarlo equivale a perdere l'onore e a vivere nel disprezzo (c'è una scena di taglio del codino nel film L'Ultimo Samurai).

Nel film "Le cronache di Narnia" viene tagliata la criniera al leone per umiliazione, ci ho pure pianto davvero commovente.
non voglio tornare rospo

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Lo specchio e il mondo a nostra immagine

Messaggio da tregiraffe »

Ermy ha scritto:Nessuno, a quei tempi, aveva mai visto uno specchio......
E questo mi ricorda un'altra storia.

TAnto tempo fa, in Oriente viveva un uomo che aveva ricevuto dal padre in eredità uno specchio.
A quel tempo, nessuno sapeva cosa fosse uno specchio, e l'uomo guardando il riflesso del suo viso pensava di possedere il ritratto del proprio genitore.
Custodiva con affetto e nascondeva gelosamente il suo prezioso ritratto in un posto a lui solo noto, e ogni tanto andava in gran segreto ad osservarlo.
Un giorno la moglie dell'uomo, insospettita dai movimenti periodici del marito, lo segui' e poco tempo dopo approfittando della sua assenza torno' nel luogo del nascondiglio ed estrasse lo specchio. Quando vi guardo', esclamo': "Oh me tapina!!! Mio marito nasconde il ritratto di una brutta donna!" :shock:
E si recò con disperazione dal sacerdote del villaggio per chiedere consiglio.
Il sant'uomo guardò l'oggetto e disse: "Donna, questa è l'immagine di un venerando Padre e Signore nostro sacro antenato. Dallo a me, lo custodiro' nel tempio".
non voglio tornare rospo

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