Re: Gioco: Amo/Odio/Indifferente
Inviato: lun feb 01, 2021 4:17 pm
Credo non ci sia bisogno di dirti che innumerevoli volte abbiamo visto del nostro treno soltanto l’ultimo vagone ormai alla fine della banchina.
A volte, su consiglio di un ferroviere impietosito, abbiamo preso altri treni che ci portavano ad un certo punto del percorso e, in quella stazione sconosciuta e inospitale abbiamo atteso anche quattro ore prima che arrivasse un altro treno che ci portasse alla metà.
Una volta, durante questa attesa, la mamma scomparve.
La cercammo ovunque, anche nei gabinetti e nei sottopassaggi e poi tornammo rassegnati sulla panchina all’aperto da dove almeno vedevamo arrivare e ripartire i treni, chi saliva e chi scendeva.
Ricomparve sulla porta che dava sui binari quando il nostro treno era già arrivato e noi stavamo giusto pensando che avremmo perso anche quello.
Con un balzo conquistammo lo scompartimento e la mamma passò il resto del viaggio a raccontarci quanto era stata bella la visita alla cugina antelucana, quanto era stato interessante ripercorrere i rispettivi ricordi e quel caffè con i cioccolatini, indimenticabile.
Una volta, su un tram che andava alla stazione, andai vicino al manovratore che guidava girando una maniglia ora in un senso ora nell’altro.
Il tram sferragliava avanzando lentamente sulle rotaie...
Alzai la testa e gli dissi: scusi signore, per favore, può andare più in fretta, perché noi perdiamo il treno?!?!
Credo che il buon uomo capi il problema e si impegnó anche per migliorare ma noi perdemmo il treno lo stesso.
Alla domenica non perdevamo niente, anzi.
Verso le 12,45 papà chiedeva: a che ora si mangia?
Mamma rispondeva: preparo gli agnolotti e il sugo e ci sediamo.
Verso le 14,35 facevamo onore agli agnolotti, mentre papà tirava giù tutti i santi del cielo.
Ad un certo punto della mia vita, venne fissata una data in cui si sarebbe svolto un pranzo sul lago di Como.
Incominciammo un mese prima a predicare che avremmo dovuto partire presto, che non avremmo dovuto farci aspettare che nessun ritardo sarebbe stato tollerato e che io, se fossimo arrivati in ritardo, mi sarei buttata nel lago per non emergere mai più.
Non fu sicuramente questa minaccia che la colpì ...
Ma continuammo così tanto con i rimbrotti e gli avvertimenti che quel giorno alle 9,45 eravamo davanti al ristorante e li rimanemmo in paziente attesa fino alle 13.
Però, la puntualità fu salva.
Vedi, mia mamma aveva in testa un orologio a cui avevano dimenticato di montare l’uccellino.
Lei sapeva che ora era ma non funzionando il suono, non le arrivavano notifiche che avrebbero richiamato la sua attenzione.
Una volta uscì lasciandoci chiusi in casa, passó il pomeriggio, venne buio e mio fratello inizio una lagna senza uguali.
“Voio mamma” “voio mamma” “quando arriva mamma?”
Una rottura incredibile.
Voleva che accendessi la luce e io gli rispondevo che ce l’avevano tolta.
Ricominció con lamenti e singhiozzi e io, nella certezza di avere una madre snaturata, sentenziai: mamma non arriva più, perché è diventata cieca per la strada.
Smise immediatamente di piangere.
Quando mamma arrivó, lo spione gli riferì tutto e per poco lei non mi ammazzô di botte.
Era ancora colpa mia che ero riuscita ad inventare un diversivo che lo aveva fatto smettere di piangere?
Cresciuta in questo istituto di correzione, può sembrare strano se io per anni ho continuato ad arrivare in ritardo?
Ad un certo punto capii che dovevo correggermi, perché era in gioco la mia dignità.
Quindi attuai piccoli trucchi, escamotages a dir poco geniali, sveglie che suonavano ad ore impensate è un po’ per volta il mio modo di agire miglioró, tanto che mi misi ad arrivare sul posto con grande anticipo.
A tutt’oggi, ho tre orologi in cucina che sono tutti e tre 25 minuti avanti, quello della camera da letto 20 minuti avanti.
L’ora sul telefono viene visionata soltanto quando sono già fuori seduta in macchina.
Praticamente, vivo in un perenne auto inganno ma sarà mica colpa mia?
A volte, su consiglio di un ferroviere impietosito, abbiamo preso altri treni che ci portavano ad un certo punto del percorso e, in quella stazione sconosciuta e inospitale abbiamo atteso anche quattro ore prima che arrivasse un altro treno che ci portasse alla metà.
Una volta, durante questa attesa, la mamma scomparve.
La cercammo ovunque, anche nei gabinetti e nei sottopassaggi e poi tornammo rassegnati sulla panchina all’aperto da dove almeno vedevamo arrivare e ripartire i treni, chi saliva e chi scendeva.
Ricomparve sulla porta che dava sui binari quando il nostro treno era già arrivato e noi stavamo giusto pensando che avremmo perso anche quello.
Con un balzo conquistammo lo scompartimento e la mamma passò il resto del viaggio a raccontarci quanto era stata bella la visita alla cugina antelucana, quanto era stato interessante ripercorrere i rispettivi ricordi e quel caffè con i cioccolatini, indimenticabile.
Una volta, su un tram che andava alla stazione, andai vicino al manovratore che guidava girando una maniglia ora in un senso ora nell’altro.
Il tram sferragliava avanzando lentamente sulle rotaie...
Alzai la testa e gli dissi: scusi signore, per favore, può andare più in fretta, perché noi perdiamo il treno?!?!
Credo che il buon uomo capi il problema e si impegnó anche per migliorare ma noi perdemmo il treno lo stesso.
Alla domenica non perdevamo niente, anzi.
Verso le 12,45 papà chiedeva: a che ora si mangia?
Mamma rispondeva: preparo gli agnolotti e il sugo e ci sediamo.
Verso le 14,35 facevamo onore agli agnolotti, mentre papà tirava giù tutti i santi del cielo.
Ad un certo punto della mia vita, venne fissata una data in cui si sarebbe svolto un pranzo sul lago di Como.
Incominciammo un mese prima a predicare che avremmo dovuto partire presto, che non avremmo dovuto farci aspettare che nessun ritardo sarebbe stato tollerato e che io, se fossimo arrivati in ritardo, mi sarei buttata nel lago per non emergere mai più.
Non fu sicuramente questa minaccia che la colpì ...
Ma continuammo così tanto con i rimbrotti e gli avvertimenti che quel giorno alle 9,45 eravamo davanti al ristorante e li rimanemmo in paziente attesa fino alle 13.
Però, la puntualità fu salva.
Vedi, mia mamma aveva in testa un orologio a cui avevano dimenticato di montare l’uccellino.
Lei sapeva che ora era ma non funzionando il suono, non le arrivavano notifiche che avrebbero richiamato la sua attenzione.
Una volta uscì lasciandoci chiusi in casa, passó il pomeriggio, venne buio e mio fratello inizio una lagna senza uguali.
“Voio mamma” “voio mamma” “quando arriva mamma?”
Una rottura incredibile.
Voleva che accendessi la luce e io gli rispondevo che ce l’avevano tolta.
Ricominció con lamenti e singhiozzi e io, nella certezza di avere una madre snaturata, sentenziai: mamma non arriva più, perché è diventata cieca per la strada.
Smise immediatamente di piangere.
Quando mamma arrivó, lo spione gli riferì tutto e per poco lei non mi ammazzô di botte.
Era ancora colpa mia che ero riuscita ad inventare un diversivo che lo aveva fatto smettere di piangere?
Cresciuta in questo istituto di correzione, può sembrare strano se io per anni ho continuato ad arrivare in ritardo?
Ad un certo punto capii che dovevo correggermi, perché era in gioco la mia dignità.
Quindi attuai piccoli trucchi, escamotages a dir poco geniali, sveglie che suonavano ad ore impensate è un po’ per volta il mio modo di agire miglioró, tanto che mi misi ad arrivare sul posto con grande anticipo.
A tutt’oggi, ho tre orologi in cucina che sono tutti e tre 25 minuti avanti, quello della camera da letto 20 minuti avanti.
L’ora sul telefono viene visionata soltanto quando sono già fuori seduta in macchina.
Praticamente, vivo in un perenne auto inganno ma sarà mica colpa mia?