Una domanda e una riflessione per capire

Per tutto ciò che riguarda l'asessualità e gli asessuali.
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Aporo5
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Una domanda e una riflessione per capire

Messaggio da Aporo5 »

Ciao,

sono nuovo nel forum e ho scoperto da poco l'esistenza della comunità asexual. Prima di iscrivermi qui ho visto diversi video su YouTube, letto degli articoli e scorso alcuni thread del forum. Sto cercando di capire se si tratta di un'identità nella quale riconoscermi, oppure se gli elementi di analogia che sento tra la mia situazione e alcune delle identità che rientrano nello spettro dell'asessualità (demisessualità e "greysexuality") sono solo delle somiglianze superficiali.

Anziché raccontare la mia esperienza direttamente, vorrei provare a condividerla in modo più indiretto attraverso una domanda e una riflessione. Scusandomi in anticipo per la lunghezza e nella speranza che quello che dirò risulti accettabilmente chiaro e non troppo convoluto.

Comincio con la domanda.

Tutti gli articoli che ho letto individuano, come tratto definitorio fondamentale dell'asessualità l'assenza di attrazione sessuale. Non mi è però chiara una cosa: questa assenza va intesa proprio come mancanza di libido eventualmente innescata dalla presenza/visione/contatto con una data persona, o, in un senso più ristretto, come assenza del desiderio di avere rapporti sessuali con quella data persona? Si potrebbe forse ricondurre la "greysexuality" al primo caso, ossia ad occorrenze saltuarie di desiderio, innescate magari da alcune caratteristiche di certe persone che si trovano interessanti, ma che non sfociano in modo diretto nel desiderio specifico di avere un rapporto sessuale con quelle persone ma semmai in una... fascinazione, in un desiderio di conoscenza che potrebbe tradursi in modo pienamente soddisfacente sul piano erotico/sessuale?

Ed ecco invece la riflessione (che è collegata in modo molto forte e diretto alla domanda).

Il mio cruccio fondamentale è il modo in cui interagiscono, nella costruzione dell'identità, gli elementi introspettivi e i feedback che riceviamo dall'esterno. Spesso, nei discorsi che si fanno sulle identità, i primi vengono espressi nella forma della certezza e i secondi vengono tematizzati nella forma del condizionamento. Ad esempio: sono sicuro di sentire o non sentire una certa cosa, e di averla sempre sentita o non sentita; l'ambiente esterno stigmatizza il sentire o il non sentire una certa cosa come "sbagliato" e arriva addirittura a negarla o reprimerla. Da qui la lotta per il riconoscimento, sia agli occhi di sé che degli altri, che definisce la costruzione dell'identità, sia sul piano individuale che collettivo.

La descrizione che ho fatto taglia con l'accetta fenomeni molto complicati, e mi rendo conto che potrà sembrare molto semplificatoria. Però mi sembra che di base descriva abbastanza bene il meccanismo generale che accompagna la definizione e il riconoscimento di un'identità marginalizzata, invisibile o oppressa.

Ma cosa succede quando le cose sono molto, molto più sfumate di così?

Ad esempio - e qui si torna alla prima domanda - io potrei essere portato a pensare quella particolare forma di libido molto selettiva e non necessariamente "sessualizzante" (nel senso che non punta per forza alla propria soddisfazione/sfogo in un rapporto sessuale) esattamente in termini di... "attrazione sessuale"! Ed essere quindi certo del fatto che quello che sento è, appunto, attrazione sessuale per una persona. Ma siccome non ho esperienza di che cosa possa significare l'attrazione sessuale per un'altra persona, o per la maggioranza delle altre persone (semplicemente perché non sono nella loro testa o nel loro cuore) non ho nessun modo di verificare se e quanto quello che io intendo per "attrazione sessuale" corrisponda o meno all'esperienza interiore che di questo concetto fanno altre persone.

Ed è qui che entra in gioco l'esterno con i suoi feedback. Poniamo infatti che, nel confronto con l'ambiente esterno, si creino delle... piccole fratture. Anzitutto, la persona in questione non si riconosce nel modo in cui gli altri tematizzano/esprimono la propria attrazione sessuale. Non solo: numerose esperienze sembrano rimandare indietro a quella persona un'immagine riflessa un po' strana, quasi come se non fosse percepita dagli altri come... "sessuale", o anche solo interessata alla sessualità.

In questo caso, la certezza interna e i feedback provenienti dall'esterno interagiscono in modo differente da quello descritto sopra. Perché la certezza interna, più che una "certezza" nel senso stretto del termine, è una specie di senso comune interiorizzato; sai che esiste una cosa chiamata "attrazione sessuale" e provi delle sensazioni che, a occhio, sembrano corrispondere a quella roba lì (sulla base del modo in cui viene rappresentata nel discorso, ma anche nella cultura narrativa, figurativa ecc.); e quindi non sei realmente portato a mettere in discussione il modo in cui dai un nome a quello che senti. Oltre tutto, se quelle sensazioni emergono in forma eterofila, non sei portato a mettere in questione la tua identità sessuale: l'eteronormatività della società in cui vivi fa sì che tu non sia costretto a sviluppare una reale consapevolezza neppure riguardo alla completa relatività dell'oggetto della tua "attrazione"... figuriamoci dell'esistenza stessa di una qualche "attrazione", o anche solo della sua definizione!

E che dire dei feedback dall'esterno? Nessuno ti odia, nessuno ti discrimina, nessuno ti opprime in senso stretto. Però ricevi ripetutamente l'immagine riflessa di una stranezza che tu per primo non riesci a comprendere. E questa sensazione di diversità si sedimenta, si approfondisce nel tempo. Inizi a vivere la tua condizione - e il modo in cui si riflette nei rapporti personali o nelle relazioni sentimentali o sessuali che hai con altre persone - con imbarazzo e difficoltà; perché ti trovi di fronte ad un dilemma: sono io sbagliato e dovrei in qualche modo "correggere" qualcosa di me? Oppure è "sbagliato" il mondo esterno, che non mi capisce e mi rifiuta solo perché si adegua ad un'ossessione sessuomaniacale artefatta che non ha niente né di normale, né di naturale, né tanto meno di umano?

Il risultato, in altri termini, è che arrivi o ad odiare te stesso o ad odiare il mondo. O te stesso e il mondo, magari a giorni alterni... e invece... :idea: sarebbe bastato guardare le cose da un punto di vista leggermente diverso per capire che, beh, quel risultato distruttivo non era necessario.

Nel mio incontro con il mondo asexual (guardando i video di David Jay, ad esempio) la cosa che mi ha colpito di più è un'attitudine fondamentale alla tolleranza, all'accettazione di sé e degli altri, al confronto aperto, franco e razionale che, devo dire, nel mondo che ci circonda un po' tende a mancare. Ed è stato a quel punto che è scaturita la riflessione. Non so se sono asessuale, greysexual o demisexual o nessuna di queste cose. Però ho iniziato a pormi il problema proprio perché mi è sorta quella domanda: se per "attrazione sessuale" io e le altre persone con cui mediamente mi confronto nella vita di tutti i giorni intendessimo semplicemente esperienze radicalmente diverse? E se, per indicare queste esperienze diverse, ci fossero, anche, nomi diversi, come "greysexual" e "sessuale"? E se quindi, a quel punto, fosse solo questione di iniziare a chiamare e definire le cose diversamente per facilitare una migliore comprensione tra esseri umani, evitando sia il risentimento da un lato, sia la disapprovazione dall'altro?

Naturalmente questo pone una questione fondamentale su cosa voglia dire essere veramente asessuali, greysexual o demisessuali... la definizione smetterebbe di essere essenzialista e diventerebbe pragmatica. E non so quant*, qui o altrove nella comunità, sarebbero d'accordo con questa eventuale conclusione. Spero che, se nel condividere questa riflessione ho detto qualcosa di inaccettabile o sbagliato, non sarete troppo sever* con me :wink:

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Bianca
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Re: Una domanda e una riflessione per capire

Messaggio da Bianca »

Incominciamo a mettere un punto fermo: l’asessualita è mancanza di attrazione e non c’entra niente con la libido.

Ovvero, per sfogare la libido, l’asessuale, appunto perché tale, non prova il desiderio che ciò avvenga con un’altra persona.

Quindi, far sesso con l’altra persona gli può interessare relativamente, saltuariamente, mai, per niente.
Non solo il sesso gli può essere indifferente ma anche fastidioso o da totale rifiuto.
Non rifiuta lo sfogo della libido o la ricerca del piacere, rifiuta che ciò avvenga nell’intimità con un’altra persona.

Non prova la necessità di condividere il piacere, nè di darlo.

Eventuali sfoghi della libido, sono qualcosa di assolutamente personale, singolare, direi quasi esattamente come la fame e la sete.
Le necessità di mangiare e bere, ciascuno di noi le soddisfa senza bisogno di condividerle e senza coinvolgere altri al fine di soddisfarle.

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Bianca
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Re: Una domanda e una riflessione per capire

Messaggio da Bianca »

Quindi, non solo il sesso rimane condizionato soltanto dalla libido ma anche totalmente slegato da sentimenti d’amore.

Per l’asessuale l’amore non si manifesta con l’attivita sessuale.

Continuerò il discorso in un altro momento...
Scrivere sul telefono mi fa incrociare gli occhi, quindi devo sospendere, inoltre ho il segnale che va e viene, col rischio di perdere tutto ciò che ho scritto.
A rileggerci presto!

Aporo5
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Re: Una domanda e una riflessione per capire

Messaggio da Aporo5 »

Scusami, temo di aver espresso la domanda con termini che forse possono un po' confondere. Per cui provo a rettificare, magari riformulando con termini riversi ;)

Quello a cui mi riferivo è una forma di libido/desiderio che può essere innescata da un'altra persona, ma che non suscita il desiderio di espressione nell'atto sessuale. Magari l'altra persona viene considerata attraente, ma non scatta alcun desiderio di esplorare questa attrazione in forma sessuale (almeno non subito).

Immagino non la si possa definire asessualità in senso stretto, perché una traccia di attrazione c'è; ma potrebbe trattarsi di una forma "grey" che rientra comunque nello spettro?

Nel mio caso, per capirci, il desiderio e l'attrazione tendenzialmente non ci sono, e compaiono solo in casi molto rari, in riferimento a persone che magari suscitano un interesse più complesso e articolato. E anche in quei casi, il sesso con quella persona resta una vaga eventualità. C'è attrazione, magari un'attrazione che coinvolge anche l'aspetto fisico dell'altra persona, ma questa attrazione non si traduce in un desiderio sessuale (nel senso di un desiderio la cui soddisfazione richiederebbe un rapporto sessuale).

E' per questo che poi ho fatto la riflessione sui nomi che diamo alle nostre esperienze e alle cose che sentiamo. Io chiamo 'sta cosa attrazione perché non saprei come altro chiamarla; però mi rendo conto (e mi ci sono voluti... molti anni, diciamo) che non è la stessa cosa che la maggioranza delle altre persone intende con quel termine. Probabilmente non è neppure quello che nella comunità ace si intende con quel termine. Insomma, chiedo lumi a riguardo :)

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Bianca
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Re: Una domanda e una riflessione per capire

Messaggio da Bianca »

Rispondo a quanto sopra, poi riprendo il tuo primo intervento.

Credo che definire l’asessualita come mancanza di attrazione, possa voler dire proprio ciò che capita a te e che per ognuno si manifesta con sfumature diverse.

Nessuno di noi è indifferente alla bellezza, tutti noi ne siamo in qualche modo toccati, coinvolti.
Di fronte alla bellezza, grazia, simpatia di una persona, l’asessuale resta affascinato attraverso lo sguardo, la sensibilità; prova il desiderio di avvicinare questa persona, interagire, costruire un’amicizia, conoscerla meglio, il sessuale, oltre a tutto ciò, immagina la condivisione della sessualità che diventa desiderio.

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