Asessualità negli animali non-umani

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Bakeneko
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Asessualità negli animali non-umani

Messaggio da Bakeneko »

Ringrazio Kristina Gupta, autrice dell'articolo, per avermi dato il consenso a tradurrre e pubblicare il suo scritto nel forum e Alice per avermi fatto da beta-reader. Qui potete trovate l'articolo in lingua originale: Asexuality in Non-Human Animals.
Spero non vi spaventerete per la lunghezza del testo. :D


Asessualità negli Animali Non-Umani
È ovvio che gli umani non sono come gli animali. È ovvio anche che siamo una specie di grandi mammiferi, fino al più piccolo dei dettagli della nostra anatomia e delle nostre molecole. (Jared Diamond, The Third Chimpanzee, 1).

Quando ero all’Emory, ottenni una laurea in Mente, Cervello e Cultura dal CMBC (Center for Mind, Brain, and Culture). Come parte del programma del corso di laurea, il CMBC mi aiutò ad preparare una lettura guidata con il Dottor Kim Wallen sull’endocrinologia del comportamento sessuale nella primavera del 2011.
Come parte della lettura, il Dottor Wallen mi chiese di scrivere una dissertazione esaminando tutte le ricerche scientifiche condotte sull’asessualità negli animali non-umani. Da studentessa di scienze sociali e studi umanistici, ero interessata a capire in che modo potesse (o non potesse) avere rilevanza sugli studi della a/sessualità umana una ricerca scientifica sulla a/sessualità degli animali non-umani.

Dato che probabilmente non me ne farò nulla di questo testo, ho deciso, alla fine, di postarne una versione abbreviata in questo blog. Spero vi piaccia.

Introduzione

I ricercatori di studi femministi e queer hanno discusso il problema: possono gli studi scientifici sulla sessualità degli animali non-umani fornirci insegnamenti sulla sessualità umana? Alcuni, tra i quali Anne Fausto-Sterling e Jennifer Terry, criticano l’uso della ricerca su animali non-umani per rispondere a quesiti che riguardano la sessualità umana. Altri invece, fra cui Myra Hird e Elizabeth Wilson, sostengono che la ricerca sulla sessualità degli animali non-umani può mettere alla prova in modo produttivo i presupposti della sessualità umana. Questo testo esamina il seguente problema: può la ricerca scientifica del fenomeno dell’asessualità negli animali non-umani chiarire il fenomeno dell’asessualità negli umani? Inizierò con un esame delle ricerche scientifiche sull’asessualità negli animali non-umani. Poi, analizzerò le seguenti tre domande proposte nei dibatti dei ricercatori: primo, quali profonde conoscenze sulla sessualità umana possono fornirci (se possibile) le ricerche scientifiche sull' ”asessualità” negli animali umani? Secondo, in che modo i presupposti culturali sulla sessualità modellano la ricerca sulla “asessualità” negli animali non-umani? E in fine, (in che modo) la ricerca sull’ ”asessualità” negli animali non-umani sfida le conoscenze sulla (a)sessualità umana?

Giustificazioni scientifiche dell’uso di modelli animali per capire la sessualità umana

Nell’articolo “Che cosa possono dirci i modelli animali sulle reazioni sessuali umane” (What Can Animal Models Tell Us About Human Sexual Response), gli autori affermano che gli appropriati modelli animali hanno una fondatezza predittiva. Per esempio, secondo gli autori, molte delle droghe che migliorano l’erezione dei ratti maschi (per esempio il Viagra), migliorano anche l’erezione nei maschi umani. Perciò è possibile imparare qualcosa sull’eccitazione dei maschi umani dagli esperimenti con i ratti maschi (Pfaus, Kippin & Coria-Avila 2003, 13). Secondo questi autori, i modelli animali possono essere usati per studiare la neuroanatomia, la neurochimica e la farmacologia del comportamento sessuale umano (Pfaus, Kippin & Coria-Avila 2003, 50).

Critiche femministe e queer dell’uso dei modelli animali per capire la sessualità umana

Studi femministi e queer hanno dimostrato l’importanza delle critiche degli assunti riguardanti il genere e la sessualità che stanno influenzando le ricerche scientifiche sugli animali non-umani. Negli anni ’70, i femministi all’interno e fuori dal campo degli studi animali criticarono molti scienziati che vedevano la sessualità femminile solamente come passiva. A partire dagli anni ’70, attente osservazioni combinate a diverse aspettative sulla sessualità maschile e femminile, permisero ai ricercatori dell’ambito animale di osservare femmine animali cercare e dare il via all’attività sessuale (Fausto-Sterling 2000).

Gli studiosi femministi e queer hanno criticato specialmente la ricerca sull’ “omosessualità” negli animali non-umani. Essi sostenevano che:
  • 1. In un mondo in cui l’omosessualità è ancora da molti considerata immorale e patologica, la ricerca sull’eziologia biologica dell’omosessualità presenta sempre il rischio che i risultati possano essere usati per prevenire la nascita di individui omosessuali (Stein 1999; Terry 2000; Lancaster 2004).
  • 2. Molti degli scienziati che indagano sulle cause biologiche dell’omosessualità, a quanto pare, credono che se fossero in grado di dimostrare che l’omosessualità ha cause biologiche, sarebbero in grado di accrescerne l’accettazione sociale. Ci sono prove che questa possa essere una strategia politica efficace; i dati di alcuni sondaggi, infatti, suggeriscono che è più probabile che gli americani che credono che l’omosessualità sia causata da fattori biologici, allora sostengano i diritti di gay e lesbiche (Stein 1999). Tuttavia, ricercatori femministi e queer hanno fatto notare che l’usare la presunta naturalezza dell’omosessualità per spiegare la sua accettazione, si basa sull’equazione difettosa di naturalezza equivalente a validità, e inoltre reifica la categoria del naturale.
  • 3. Gli studi confondono l’attività sessuale tra esemplari dello stesso sesso con l’omosessualità come identità sessuale. L’identità sessuale è definita dal modo in cui qualcuno capisce consciamente la propria sessualità, e non dipende né dal desiderio né dal comportamento. L’orientamento sessuale è un’“attitudine” basata “sulle voglie e le fantasie sessuali di una persona e i comportamenti sessuali che lui o lei è disposto ad avere in condizioni ideali” (Stein 1999, 45). Non c’è alcuna ragione di pensare che gli animali-non umani sviluppino delle identità sessuali. È possibile che gli animali non-umani sviluppino degli orientamenti sessuali (in tal senso, quando viene loro permesso agire sessualmente, gli animali non-umani possono preferire certi tipi di attività sessuali e non altre), tuttavia il fatto che gli animali non-umani si interessino ad attività sessuali con individui dello stesso sesso non è di per sé una prova che questi animali siano “omosessuali”.
  • 4. Un certo numero di ricercatori di studi femministi e queer hanno affermato che i modelli animali potrebbero non essere molto utili per capire la sessualità umana, perché la sessualità umana può essere qualitativamente diversa da quella degli animali non-umani. Forse il fatto più importante per i ricercatori di studi femministi e queer è che oltre a processi biologici, la sessualità umana coinvolge conoscenze complesse, linguaggio, aspettative sociali e culturali, e istituzioni politiche e giuridiche.
Repliche scientifiche alle critiche femministe e queer

In risposta a queste critiche femministe e queer sulla ricerca della sessualità degli animali non-umani, alcuni scienziati si sono impegnati:
  • 1. Ad assicurare che i risultati degli studi non siano usati per sradicare le sessualità non-normative.
  • 2. A riconoscere le differenze tra atti e orientamenti. Vasey (2002) ammette che molte delle ricerche scientifiche sull’ “omosessualità” negli animali si focalizzano solo su quegli animali che manifestano comportamenti omosessuali come risultato di lesioni cerebrali o dell’esposizione di livelli ormonali e ambienti di crescita anomali. Inoltre, secondo Vasey, molti di questi studi non hanno veramente provato che tipo di partner sessuale preferiscono questi animali. Per Vasey, testare la preferenza del partner sessuale implica dare la possibilità all’animale di interagire sessualmente sia con le femmine sia con i maschi e poi osservare se l’animale esprime preferenza per l’interazione sessuale con un sesso ma non con l’altro. Vasey si è prefisso il compito di cercare migliori modelli animali per l’omosessualità umana. Cerca animali che “mostrano spontaneamente di avere preferenze per le attività sessuali con lo stesso sesso come repertorio comportamentale tipico della loro specie” (Vasey 2002, 145). Afferma che la prova di queste preferenze esiste per le femmine di pukeko, per i bovini, per i montoni domestici, per le femmine di kob dell'Uganda e per le femmine di macachi giapponesi. Secondo Vasey, lo studio di questi animali può fornire alcune indicazioni sull’omosessualità umana.
Nuovi approcci materialisti sulla ricerca negli animali non-umani

In allontanamento dai tradizionali approcci femministi e queer sulla ricerca negli animali non-umani, studiosi identificati come “nuovi femministi materialisti” affermano che lo studio della sessualità degli animali non-umani può mettere in dubbio alcuni assunti comunemente accettati sul genere umano e la sessualità. Myra Hird afferma che le diversità che troviamo nel comportamento sessuale degli animali non-umani (inclusi il sesso per piacere e per costruire relazioni sociali) può portarci a mettere in dubbio certi assunti culturali sulle “finalità” del sesso. Hird scrive che “La diversità del sesso e del comportamento sessuale tra le specie (conosciute) è molto più grande di quella che viene concessa generalmente dalle basi culturali dell’uomo. Questa diversità mette a confronto idee culturali sulla famiglia, sulla monogamia, sulla fedeltà, sulla cura genitoriale, sull’eterosessualità e forse a livello più profondo sulla differenza sessuale”. (Hird 2006, 39).

Ricapitolando


Per riassumere, questo riesame propone tre possibili approcci: primo, il lavoro di alcuni scienziati suggerisce che l’attenta scelta dei modelli animali può permettere la comprensione di alcuni aspetti accuratamente definiti della sessualità umana. Secondo, il lavoro degli studiosi femministi e queer suggerisce di porre particolare attenzione al modo in cui gli assunti culturali sul genere e sulla sessualità stanno plasmando le osservazioni scientifiche sugli animali non-umani. Per finire, il nuovo lavoro degli studiosi femministi materialisti suggerisce che possiamo usare le osservazioni degli animali non-umani per mettere in dubbio i nostri assunti culturali sul genere e sulla sessualità umana.

Ricerca scientifica sull’asessualità negli animali non-umani: definizione dell’oggetto di studio

Mentre l’asessualità può essere considerata sia un’identità (le persone si indentificano consciamente come asessuali) sia un orientamento (una mancanza disposizionale dell’interesse sessuale verso gli altri), i modelli animali è improbabile che svelino molti degli aspetti dell’identità sessuale, perciò mi concentrerò sull’ attinenza dei modelli animali per la comprensione degli aspetti dell’orientamento sessuale. Per le finalità di questa indagine, definisco il fenomeno umano dell’asessualità come segue: una mancanza di interesse sessuale verso gli altri (che coinvolge entrambi i componenti procettivi – disinteresse nel cercare attività sessuali con altri – disinteresse nell’impegnarsi in attività sessuali iniziate da altri, sebbene gli individui asessuali possono impegnarsi in attività sessuali per ragioni non sessuali). Non possiamo misurare l’interesse negli animali non-umani chiedendoglielo, possiamo solo osservare il loro comportamento. Fenomeni analoghi negli animali non-umani si presentano dunque in animali che, come parte del repertorio comportamentale tipico della loro specie, non si impegnano in attività sessuali né con i maschi né con le femmine della stessa specie quando hanno la possibilità di farlo e quando hanno la capacità di controllare la loro attività sessuale.

Ricerca scientifica sull’asessualità negli animali non-umani: quesiti di ricerca

1. Il fenomeno dell’asessualità esiste negli animali non-umani?

2. Questi fenomeni sono legati ai livelli di testosterone in circolo?

3. Questo fenomeno può essere modificato tramite l’alterazione dei livelli di testosterone?

Ricerca scientifica sull’asessualità negli animali non-umani: riesame degli studi esistenti

Ratti maschi: dagli anni ’60 i ricercatori animali sono consapevoli del fatto che alcuni ratti maschi non si impegnano in attività sessuali quando ne hanno la possibilità. Questi ratti sono chiamati “non-copulatori” dai ricercatori (Whalen, Beach e Kuehn 1961). Altrove, questi ratti sono stati descritti come “sessualmente pigri” (es. Portillo et al 2006). In un articolo del 2003, Portillo e Paredes riesaminarono le ricerche passate sui ratti maschi non-copulatori (NC). Riportarono che approssimativamente il 3% dei ratti non esprimevano interesse sessuale né per i maschi né per le femmine conspecifici. Riportarono anche che i ratti maschi non-copulatori avevano livelli di testosterone in circolo che rientravano negli intervalli tipici della specie (Portillo e Paredes 2003). Nei loro esperimenti, hanno scoperto che l’estradiolo benzoato (EB) causa un comportamento sessuale simile a quello tipico delle femmine nei ratti maschi non-copulativi come negli altri ratti maschi. In base ai loro esami e alle loro ricerche, sono arrivati alla conclusione che “la mancanza di comportamento sessuale nei ratti maschi NC non è dovuta a bassi livelli di T” (Portillo e Paredes 2003, 159), e suggeriscono che forse “i ratti maschi NC hanno un’alterazione funzionale nel MPOA [area preottica mediale ipotalamica] (Portillo e Paredes 1003, 160).

Porcellini d’india maschi: i ricercatori hanno scoperto che anche l’interesse sessuale dei porcellini d’india varia. Harding e Feder hanno classificato i porcellini d’india maschi come animali con “alta pulsione”, “media pulsione” o “bassa pulsione”. In un esperimento, Harding e Feder scoprirono che i livelli di testosterone dei porcellini con alta pulsione e di quelli con bassa pulsione non differiscono, tuttavia dopo essere venuti a contatto con una femmina nel suo ciclo estrale, gli animali con alta pulsione mostrarono uno scarso aumento dei livelli di testosterone, mentre gli animali con bassa pulsione mostrarono una scarsa riduzione di testosterone. Di conseguenza, Harding e Feder conclusero che “il modo in cui i singoli animali percepiscono la situazione del test può influenzare le loro funzioni endocrine, sia quelle gonadali che extra-gonadali, e possibilmente anche la loro attività neurale” (Harding e Feder 1976, 1205). In questo studio, gli animali con bassa pulsione non sono stati testati con i porcellini d’india maschi, per cui è possibile che essi fossero sessualmente interessati ai maschi della stessa specie. Non so se siano stati condotti dei test per verificare se, quando entrano in contatto sia con i maschi che con femmine conspecifici, ci siano ancora porcellini d’india maschi che dimostrano un basso livello di interesse sessuale.

Gerbilli maschi: anche il comportamento riproduttivo e sessuale dei gerbilli maschi varia. In un articolo del 1992, i ricercatori classificarono i maschi come “stalloni” e “incapaci” basandosi sulle loro performance sessuali (Clark, Tucker e Galef 1992); in un articolo del 2000, gli stessi ricercatori usarono l’etichetta “asessuale” per descrivere quei gerbilli maschi che esprimevano bassi livelli di attività riproduttiva e sessuale (Clark e Galef 2000). A differenza dei ratti maschi e dei porcellini d’india maschi, questi ricercatori hanno scoperto che queste differenze nel comportamento riproduttivo e sessuale sono correlate ai livelli di androgeni in circolo (Clark, Tucker e Galef 1992). Secondo questi ricercatori, la posizione uterina dei gerbilli maschi (sia che si trovino nell’utero con affianco un fratello che una sorella) è correlata in età adulta ai livelli di testosterone in circolo, al comportamento copulatore e riproduttivo e al comportamento genitoriale (Clark e Galef 2000). Da adulti, i maschi “2F” (maschi che nell’utero si trovavano tra due sorelle) in media hanno livelli di testosterone in circolo più bassi, interesse e comportamento sessuale più scarsi, e più alti livelli di comportamento genitoriale (Clark e Galef 2000). Clark e Galef proposero una spiegazione evolutiva per le differenze sessuali, riproduttive e di comportamento genitoriale dei maschi, dicendo che, “Affinché un soggetto maschio asessuale ottenga un successo riproduttivo comparabile a quello dei suoi competitori sessualmente attivi, la probabilità di riproduzione diretta dei maschi dovrebbe essere relativamente bassa e la probabilità di aumentare la loro fitness complessiva [contributo complessivo fornito da un individuo alle generazioni successive] aiutando a crescere la prole dovrebbe essere relativamente alta” (Clark e Galef 2000, 804). Di nuovo, non è chiaro se questi gerbilli siano stati esaminati per i loro livelli di interesse sessuale sia con i maschi che con le femmine conspecifici.

Conigli maschi: tra i conigli maschi si verificano variazioni individuali nei livelli di attività sessuale. Agmo ha classificato i conigli maschi a seconda che essi mostrassero un alto o un basso livello di attività sessuale prima della castrazione. Castrò li animali e poi verificò la ricettività di questi due gruppi al testosterone propionato (TP). Scoprì che, a differenza dei ratti maschi e dei porcellini d’india maschi, per la maggior parte degli aspetti dell’attività sessuale, la somministrazione di testosterone produce livelli di comportamento sessuale simili in entrambi i gruppi. Tuttavia, la differenza di frequenza di monta è presente ugualmente anche somministrando alti livelli di testosterone. Inoltre, la graduatoria basata sulle azioni dell’attività sessuale degli animali non cambia con la somministrazione di testosterone. Secondo Agmo, i suoi risultati indicano che un basso livello di interesse sessuale nei conigli maschi è correlato ai livelli di androgeni in circolo, tuttavia sostiene che la concentrazione di testosterone nel sangue da sola non spiega la variazione individuale tra i conigli maschi (Agmo 1976).

Montoni maschi
: In confronto agli altri animali, c’è stato molto più interesse scientifico sulle differenze individuali del comportamento sessuale e riproduttivo degli animali da fattoria domestici, dato che queste differenze hanno importanti conseguenze economiche (vedi, per esempio, Katz 2008). In una rassegna del comportamento dei maschi, Katz descrive gli animali maschi domestici da fattoria che mostrano bassi livelli di comportamento sessuale come manifestanti di “performance sessuali sotto gli standard” (usa anche il termine “incapaci” in riferimento a questi animali). Secondo Katz, un buon numero di tori, montoni e caproni dimostrano “performance sessuali sotto gli standard”. Inoltre, secondo Katz, i tentativi di collegare concretamente le performance sessuali sotto gli standard con i livelli di steroidi sessuali non hanno avuto successo (Katz 2008). Qui mi concentrerò sul caso dei montoni, dato che l’eziologia della variazione sessuale fra i montoni è stata la più ampiamente studiata. I ricercatori hanno riconosciuto variazioni significative negli interessi sessuali dei montoni. In una serie di studi, i ricercatori hanno classificato i montoni come femminilmente-orientati (FOR), maschilmente-orientati (MOR), o asessuali (NOR).
Secondo questi ricercatori, i montoni sono classificati come asessuali se “mostrano in modo persistente bassi livelli di corteggiamento senza chiara prova di preferenza tra maschi o femminine e senza comportamenti di monta o eiaculazione”(Roselli et al 2002, 264). Secondo questi ricercatori, il grado di asessualità fra la totalità di montoni varia dal 12.5% al 18.5% (Roselli e Stormshak 2009). Dopo un certo numero di esperimenti, questi ricercatori sono arrivati alla conclusione che le differenze nei livelli di androgeni in circolo non spiegano la “bassa libido” nei montoni (Roselli et al 2002). I ricercatori ipotizzano che i “substrati neurali” siano mediatori della differenza fra FOR, MOR e NOR e suggeriscono i seguenti come possibili substrati neurali che possono differire tra diversi gruppi di montoni: attività aromatasica, ricettori estrogeni, risposte neurali fos indotte in modo comportamentale, e la dimensione della soma neuronica. [soma=parte centrale del neurone] (Roselli et al 2002).

Macachi rheus maschi: i macachi rheus maschi mostrano variazioni individuali significative nei loro comportamenti sessuali. Phoenix e Chambers hanno condotto la ricerca su cinque macachi rheus maschi scelti per il loro basso livello di “performance sessuali”. Questi maschi hanno eiaculato nel meno del 50% dei test passati e non è emersa alcuna patologia comportamentale. Tutti tranne uno erano nati allo stato brado. Phoenix e Chambers scoprirono che i livelli di testosterone in circolo in questi animali rientravano negli intervalli tipici della specie e il trattamento con TP esogeno non cambiava la non-recettività sessuale (e in realtà, riduceva alcuni aspetti del comportamento sessuale) (Phoenix e Chambers 1988). Tuttavia questi animali furono testati solo con le femmine e non con i maschi.

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Ricerca scientifica sull’asessualità negli animali non-umani: risposte alle domande della ricerca

1. Sì, il fenomeno dell’asessualità esiste negli animali non-umani.

2. In alcuni animali è correlato al livello di testosterone in circolo, ma per la maggior parte no.

3. Negli maggior parte degli animali, la somministrazione di testosterone non aumenta l’attività/interesse sessuale.

Discussione

Conoscenze scientifiche ottenute da questo riesame: data la carenza di studi sul fenomeno dell’asessualità sulle femmine animali, possiamo solo correlare la ricerca scientifica sugli animali non-umani alla sessualità degli uomini. Ciò che la ricerca animale suggerisce, quando è combinata con ricerca sulla relazione tra testosterone e interesse sessuale nella popolazione clinica e non, è che l’asessualità negli uomini probabilmente non può venire spiegata in maniera esaustiva con la differenza dei livelli di testosterone in circolo tra uomini asessuali e uomini sessuali. Inoltre, dato che la somministrazione di testosterone esogeno agli animali maschi non-copulatori spesso non altera la non-responsività sessuale, sarei sfavorevole, senza ulteriori ricerche, alla prescrizione di testosterone agli uomini che hanno sperimentato una mancanza d’interesse sessuale rivolto verso altri in maniera relativamente stabile durante la loro vita, anche se alcuni uomini sono disturbati da questa mancanza.

Una critica degli assunti culturali e sociali riguardo la sessualità riflessi in questa ricerca: la ricerca scientifica del fenomeno dell’asessualità negli animali non-umani riflette un certo numero di assunti sociali e culturali riguardo la sessualità. Da un lato, usando i termini “incapace”, “sessualmente pigro” e “performance sotto gli standard” i ricercatori riflettono la loro personale valutazione della virilità sessuale negli animali maschi e la conseguente svalutazione degli animali maschi che esprimono bassi livelli di comportamento sessuale. Mentre questa differente valutazione dei maschi altamente attivi sotto il punto di vista sessuale è comprensibile nel contesto degli animali domestici da cortile, e sostengo che rifletta anche il fatto che nella nostra società vediamo la virilità sessuale come un segno di mascolinità. Dato che questi termini (per esempio “incapace” e “sessualmente pigro”) non forniscono alcuna chiarezza aggiuntiva alla discussione, suggerirei che i ricercatori optassero per l’uso di altri termini già in uso (come “non-copulatori”) che non hanno lo stesso tipo di connotazione peggiorativa.

Inoltre, è da notarsi come la maggior parte, se non tutte, le ricerche che ho potuto trovare riguardino gli animali maschi. Ci sono varie spiegazioni possibili per questo. Primo, è possibile che il fenomeno dell’asessualità semplicemente non si verifichi (o si verifichi molto raramente) nelle femmine degli animali non-umani. Secondo, come è stato detto in precedenza, è solo di recente che gli scienziati hanno iniziato a studiare sistematicamente le preferenze sessuali delle femmine animali verificando le situazioni che permettono a queste di esprimere una scelta sessuale. Forse quando si saranno compiute maggiori ricerche sistematiche, verremo a conoscenza del fenomeno dell’asessualità nelle femmine degli animali non-umani. Per finire, è possibile che questo fenomeno esista e che sia stato osservato dai ricercatori, ma non sia stato messo in evidenza nella letteratura scientifica perché considerato poco interessante o necessitante di una spiegazione. Diversamente dal caso del disinteresse sessuale maschile, per il fenomeno dell’asessualità nelle femmine animali potrebbe non essere stata considerata necessaria una spiegazione, in quanto spesso il disinteresse sessuale femminile è considerato “normale”. Forse piuttosto ironicamente, nel momento in cui i ricercatori sposteranno la loro attenzione sull’espressione di sessualità attiva delle femmine animali, arriveranno ad osservare con interesse il fenomeno dell’asessualità tra le femminine animali in quanto necessitante di spiegazioni.

Infine è da notarsi che non c’è stato ulteriore interesse scientifico su questo tema. Questo, a mio parere, riflette una generale mancanza d’interesse nelle variazioni individuali fra la popolazione. I ricercatori si concentrano spesso sui livelli medi di interesse e attività sessuali fra le varie popolazioni, e ciò può oscurare il fenomeno dell’asessualità fra gli animali non-umani. Un’attenzione verso le variazioni individuali all'interno delle popolazioni porterebbe ad un quadro molto più complesso della sessualità animale.

Usare la ricerca animale per mettere in dubbio gli assunti sulla sessualità umana? : la ricerca sul fenomeno dell’asessualità sugli animali non-umani porta a mettere in dubbio gli assunti sulla sessualità umana? Hird afferma che le diversità che troviamo nel comportamento sessuale degli animali non-umani (incluso il sesso per piacere e per costruire legami sociali) può portarci a mettere in discussione certi assunti culturali sulle “finalità” del sesso. Scrive che “La diversità del sesso e del comportamento sessuale tra le specie (conosciute) è molto più grande di quella che viene concessa generalmente dalle basi culturali dell’uomo. Questa diversità si scontra con le idee culturali sulla famiglia, sulla monogamia, sulla fedeltà, sulla cura genitoriale, sull’eterosessualità e, forse a livello più profondo, sulla differenza sessuale”. (Hird 2006, 39).

Non affermerò che l'evidenza dell'esistenza del fenomeno dell'asessualità fra gli animali non-umani provi la "naturalezza" (e quindi la validità) dell'asessualità fra gli umani. Piuttosto, dirò qualcosa di diverso, sebbene correlato, e cioè che l'evidenza dell'esistenza del fenomeno dell'asessualità negli animali non-umani fornisce supporto alla più generica affermazione che la diversità e la varietà sono la norma, non l'eccezione, nel mondo naturale di cui l'essere umano fa parte. Di conseguenza, questa ricerca fornisce supporto all'affermazione che dobbiamo aspettarci di incontrare diversità e varietà nell'espressione della sessualità umana, e che, in realtà, probabilmente dovremmo essere sorpresi se non riscontrassimo il fenomeno dell'asessualità fra gli umani, anziché se lo riscontrassimo.

Referenze

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Clark, M. M., Tucker, L., & Galef, J. (1992). Stud males and dud males: intra-uterine position effects on the reproductive success of male gerbils. Animal Behaviour, 43(2), 215-221.

Diamond, J. M. (2006). The third chimpanzee: The evolution and future of the human animal. HarperCollins.

Fausto-Sterling, A. (2000). Beyond Difference: Feminism and Evolutionary Psychology. Alas Poor Darwin. Hilary Rose and Steven Rose, editors. Crown/Random House.

Harding, C.F., & Feder, H.H. (1976). Relation Between Individual Differences in Sexual Behavior and Plasma Testosterone Levels in the Guinea Pig. Endocrinology, 98(5), 1198-1205.

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Pfaus, J. G., Kippin, T. E., & Coria-Avila, G. (2003). What can animal models tell us about human sexual response? Annual Review of Sex Research, 14, 1-63.

Phoenix, C. H., & Chambers, K. C. (1988). Testosterone therapy in young and old rhesus males that display low levels of sexual activity. Physiology & Behavior, 43(4), 479-484.

Portillo, W., & Paredes, R. G. (2003). Sexual and olfactory preference in noncopulating male rats. Physiology & Behavior, 80(1), 155-162.

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Vasey, P. L. (2002). Same-Sex Sexual Partner Preference in Hormonally and Neurologically Unmanipulated Animals. Annual Review of Sex Research, 13, 141.

Whalen, R. E., Beach, F. A., & Kuehn, R. E. (1961). Effects of Exogenous Androgen on Sexually Responsive and Unresponsive Male Rats. Endocrinology, 69(2), 373-380.

Rigraziamenti speciali al Dr. Kim Wallen, Ricercatore a Yerkes, Samuel Candler Dobbs, Professore di Psicologia e Neuroendocrinologia Comportamentale, Emory University.
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SilverKitsune
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Re: Asessualità negli animali non-umani

Messaggio da SilverKitsune »

L'ho letto per intero in originale! Lungo e interessante, non sapevo che così tanti animali fossero stati testati e con risultati simili :)
Mi dispiace che nella maggior parte dei casi non abbiano fatto i test "omosessuali", ma comunque, ottimo studio - molto completo! Complimenti per la pazienza nella traduzione!
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Re: Asessualità negli animali non-umani

Messaggio da The Wayward Fox »

Complimenti, Bakaneko! Mi accodo a Kit nei complimenti per la pazienza :D
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Bianca
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Re: Asessualità negli animali non-umani

Messaggio da Bianca »

Letto tutto già ieri....grazie della traduzione...
Si, gli animali omosessuali esistono...quando le mie tartarughe erano in tre, una era omosessuale.

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Bakeneko
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Re: Asessualità negli animali non-umani

Messaggio da Bakeneko »

Oh beh, sono felice che qualcuno abbia letto dopo tutto il lavoraccio di traduzione. :lol:
La pazienza l'ho trovata nella motivazione. La scienza mi piace e mi piace trovare la spiegazione scientifica delle cose (qualcuno lo avrà sicuramente notato). Questo testo penso possa essere uno spunto interessante per coloro che dicono che l'asessualità è una scelta o che è causata da scompensi chimici vari. Tra le ricerche si legge che nella maggior parte dei modelli animali usati il livello di testosterone era nella media e che l'assunzione di T esogeno non ha cambiato le cose...
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Bianca
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Re: Asessualità negli animali non-umani

Messaggio da Bianca »

Ma pensa tu, se dipendesse dal livello di testosterone, in men che non si dica, vi trasformano tutti, (per dirla con Elbeis...) in "trombanti di professione", tutti assunti da Rocco.... :lol: :lol:

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Caos
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Re: Asessualità negli animali non-umani

Messaggio da Caos »

Articolo molto interessante, grazie per la traduzione Bakeneko!!
Che esistano animali che non si accoppiano comunque si sa, uno degli acquisti più infelici che mio nonno ed i suoi fratelli fecero fu un cavallo che non voleva saperne....in effetti per un contadino è una rottura, forse è per questo che gli studi si sono concentrati sugli animali maschi, per cercare di risolvere un problema che potrebbe essere economicamente rilevante.
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SilverKitsune
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Re: Asessualità negli animali non-umani

Messaggio da SilverKitsune »

Il fatto che gli ormoni non cambino l'orientamento è abbastanza vecchio, secondo me... solo che c'è ancora gente che lo ignora. Bah, io penso che se fosse effettivamente una questione ormonale anche i gay avrebbero diversi livelli ormonali rispetto agli etero.
In ogni caso, ribadisco, ottimo lavoro :D A proposito, l'hai tradotto per un progetto di visibilità in particolare o solo perché volevi farlo?
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Bakeneko
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Re: Asessualità negli animali non-umani

Messaggio da Bakeneko »

`Silver ha scritto: A proposito, l'hai tradotto per un progetto di visibilità in particolare o solo perché volevi farlo?
L'ho tradotto perché mi sembrava utile, la scienza credo che sia un buon punto di partenza per chi cerca delle risposte più approfondite. Anche se ormai l'inglese lo comprendono moltisisme persone, l'italiano è compreso (si spera) da tutti gli italiani, quindi nessuno ha più la scusa di non essere informato. Ammetto che anch'io ogni tanto sono frenat* dalla pigrizia di dovermi leggere qualcosa in inglese, quindi traducendo l'articolo ho sperato di renderlo a portata di tutti i connazionali. Ecco perché l'ho tradotto. :wink:
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