ECCCOLI!!!!

[Bianca]

È tutto vero quello che tu dici Ed e la tua esperienza personale è sicuramente indicativa.
Gli ambienti che il bambino frequenta al di fuori della sua famiglia, devono essere soprattutto in sintonia, nel senso che devono porgere gli stessi insegnamenti, accompagnati dalle stesse considerazioni.
Se non succede così, il bambino fa confusione.
Quindi le cose devono essere chiare agli educatori innanzi tutto.
Personalmente direi che, prima di qualsiasi discussione circa l'opportunità di..., si deve partire dalla considerazione generale che gli altri possono avere caratteristiche, desideri, preferenze diverse dalle nostre e che devono essere rispettati comunque.
La manifestazione di sabato a Roma, invece di promuovere la famiglia come istituzione privilegiata in cui i bambini vengono educati al rispetto degli altri, tra persone che si amano, a prescindere, rappresentava soprattutto un cartello con scritto: GLI ALTRI NON LI VOGLIAMO.
Peccato. Questa brava gente ha perso un'occasione di dimostrarsi superiormente e autenticamente cristiana.
Quando, tra un po' di anni, i bimbi che erano sul passeggino, saranno cresciuti, avranno, proprio da quella giornata, lo spunto e il motivo per essere diversi dai loro genitori.
Conosco bene un istituto religioso in cui insegna un'insegnante lesbica e convivente, frequentato da un bimbo con due papà che lo seguono e lo curano più di come molti altri genitori fanno con i loro figli.

[Winterhoff]

È normale che i bambini/ragazzi vengano influenzati dai loro coetanei, ma proprio per questo gli insegnanti devono essere bravi e saper comunicare con loro in modo adeguato.

Già, ma fin troppo spesso l'influenza degli insegnanti è minima, mentre quella dei genitori e dei coetanei è assai forte. Io vivo in Umbria, quaggiù la situazione non è delle più rosee: quelli che vengono da famiglie conservatrici restano conservatori e quelli che vengono da famiglie più aperte si aprono sempre di più. Purtroppo il 90% delle famiglie resta assai chiusa e gli insegnanti, quando non condividono queste opinioni, fanno assai poco per scoraggiarle. Bisognerebbe, in effetti, cercare di comunicare e insegnare la tolleranza, ma è assai difficile anche solo che qualcuno ci provi.

[Bianca]

Ecco quanto è importante che gli insegnanti abbiano la consapevolezza di essere educatori.
Chi di noi si ricorda dell'insegnante che ci ha portati a risolvere le equazioni?
Ma credo che tutti noi ricordiamo quella particolare insegnante che ci ha dato un esempio, ci ha mostrato una via da seguire, ci ha indicato un comportamento positivo, ci ha dato UNA LEZIONE.

[Edward]

Purtroppo la società non può educare i genitori (e certi ne avrebbero davvero bisogno...). Quello che può fare è insegnare ai bambini e ai ragazzi, oltre che l'italiano e la matematica, anche questioni che potranno essere utili per formarsi un pensiero proprio.

L'esempio che portavo io non era quello di una scuola particolarmente aperta. Io vado per i 40, le elementari le ho fatte negli anni 80, avevamo ancora i grembiuli, se non avevi 10 in condotta venivi bocciato e se facevi qualcosa di male, tipo parlare senza prima essere interpellato, finivi in fondo alla classe con la faccia al muro per un'ora o due.

Oggi le scuole dovrebbero essere più preparate di allora, eppure sento storie assurde. Insegnanti che legittimano il razzismo in classe, che chiamano "ricchione" un alunno di fronte agli altri compagni.
Cosa facciamo se un ragazzo già sente discorsi razzisti a casa, e poi li sente anche a scuola?
Se non diamo importanza alla formazione del pensiero autonomo, prima che nozionistica, fornita dalle scuole, a cos'altro possiamo appellarci per sperare di crescere un'umanità migliore?

[Bianca]

Secondo me, bisogna avanzare a piccoli passi costanti, senza mai lasciarsi andare al pessimismo, senza mai gettare la spugna, esponendo il proprio pensiero senza alzare la voce, senza mai dimenticare la buona educazione, perché molti ritengono la ricchezza una colpa, la bellezza un affronto, la cultura un privilegio, ma tutti capiscono che la buona educazione è un modo di porsi che l'individuo sceglie e fa proprio, senza deroghe, anche davanti al prepotente.