Quanto c'è di innato e quanto di indotto in me? (1)

Per tutto ciò che riguarda l'asessualità e gli asessuali.
Cat.

Quanto c'è di innato e quanto di indotto in me? (1)

Messaggio da Cat. »

Buongiorno, anzi, buonasera,

se qualcuno ricorda mi sono iscritta e presentata qualche mese fa, in un post in cui ponevo i miei dubbi sul fatto che le mie inclinazioni che mi pare di riconoscere come demisessuali e forse poliamorose fossero caratteristiche innate piuttosto che frutto di traumi.
In questo periodo non ho lasciato il forum, solo che un po' essendo impegnata con lo studio, un po' per pigrizia e un po' per aver seguito altre cose non ho più partecipato attivamente ma mi sono limitata a leggervi, trovando comunque le discussioni sempre piuttosto stimolanti e in linea col mio modo di essere e sentire.

Vorrei farvi una proposta. poiché la vicenda che ha generato i miei dubbi è molto lunga da spiegare e io in questo periodo sono impegnata a preparare un esame voluminoso(tanto per cambiare) e quindi non avrei molto tempo per scriverla per intero, per voi andrebbe bene se esponessi la cosa "a puntate", raccontato un poco per volta la sera quando mi connetto? Cercando di di evitare che venga fuori una cosa troppo dispersiva.

Intanto vi anticipo che temo proprio di aver sperimentato la mia demisessualità, se di essa si trattava poiché all'epoca ero ancora ignara dell'esistenza di questa definizione, ma non della mia indole, oltre a stare passando un periodo di gravi problemi famigliari che mi provocava un forte bisogno di appoggio esterno, con un manipolatore.

Grazie in anticipo per disponibilità, lettura e partecipazione e ancora buona serata!

Cat.

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Edward
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Re: Quanto c'è di innato e quanto di indotto in me? (1)

Messaggio da Edward »

Per quanto mi riguarda, non ci sarebbero problemi. Ti consiglio soltanto di creare un'unica discussione, e di andare avanti su quella, altrimenti sarebbe difficile da seguire.

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Bianca
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Re: Quanto c'è di innato e quanto di indotto in me? (1)

Messaggio da Bianca »

Dalle un titolo e numera le puntate: non me ne perderò una.
Sai, io penso che le caratteristiche innate e quelle derivanti da traumi, si presentino in modo diverso.
Capisco che, a volte, il distinguerle richieda studio e ricerca, ma ci sono dei momenti in cui il modo di agire della persona, lascia intendere se dietro c'è naturalezza o paura, spontaneità o ribellione.

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Celeste
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Re: Quanto c'è di innato e quanto di indotto in me? (1)

Messaggio da Celeste »

Ciao Cat. e bentornata allora!
Non c'è nessun problema se per qualunque motivo non riesci a scrivere in un'unica volta tutto quello che ti vorresti, ci mancherebbe. Tuttavia anch'io ti consiglio di utilizzare un'unica discussione in cui quando vorrai andrai ad aggiungere i tasselli (o "puntate") successivi. In questo modo per gli utenti diventa più facile seguirti e anche andare a ritroso in quello che hai scritto, per avere un quadro completo.
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Nè più mi occorrono le coincidenze, le prenotazioni, le trappole, gli scorni di chi crede che la realtà sia quella che si vede.

Cat.

Re: Quanto c'è di innato e quanto di indotto in me? (1)

Messaggio da Cat. »

Quanto c'è di innato e quanto di indotto in me? (1)

Buonasera,

mi ero ripromessa di scrivere questa discussione per confrontarmi con voi.

Come forse qualcun* si ricorderà, avevo esposto nel mio post di presentazione degli interrogativi sul fatto che il mio riconoscermi come demisessuale potesse essere dovuto a traumi che ho vissuto alcuni anni fa. Ho anche detto in questo stesso topic che trattandosi di una storia piuttosto lunga l'avrei suddivisa a puntate e ho deciso di scriverle in questa stessa discussione, essendomi stato suggerito da più parti di non suddividerle in più parti onde evitare confusione.
Adesso pensavo di concentrarmi nella parte centrale della vicenda, essendo quella che ritengo più esemplare, lasciando lo sviluppo dei corollari per altre volte.

Allora, fino alla mia tarda adolescenza e anche oltre, non ho mai sentito l'urgenza di instaurare relazioni sentimental/sessuali con qualcuno, pensavo che il momento sarebbe arrivato da sé e non me ne facevo un particolare cruccio, ignorando abbastanza anche la peer pressure. C'è anche da dire che quegli anni li ho sempre vissuti da persona solitaria, avendo anche un carattere piuttosto introverso e molto selettivo in fatto di amicizie, ma questo è argomento che preferisco affrontare un'altra volta per evitare che il post diventi troppo lungo e caotico. Diciamo in ogni caso che a me le persone sarebbe prima piaciuto conoscerle senza secondi fini, come semplice amicizia, anche se il mio carattere e il fatto che avessi interessi piuttosto diversi da quelli dei miei coetanei hanno fatto sì che non ne abbia mai instaurate molte. In questa situazione di mia tendenziale solitudine mi sono iscritta all'università a Trento(sono di Venezia), nel 2007, senza stabilire particolari legami al primo anno.
All'inizio del secondo anno successe un evento che purtroppo influì molto negativamente su clima e situazione famigliare negli anni a venire, le cui conseguenze si sentono ancora oggi: mio padre rassegnò le dimissioni dal suo posto di lavoro come operaio generico a causa di mobbing da parte di colleghi e superiori, anche se ovviamente le avvisaglie di un simile esito erano presenti già da ben prima. Per me, studentessa fuori sede in una città che non era la mia e distava 150 km da casa, e che viveva di borse di studio, si aprì un periodo pieno di tensione e preoccupazione, non avendo molte persone a Trento su cui potessi fare riferimento: studiare e ottenere i crediti per ottenere i benefici per il diritto allo studio diventò per me fonte di angoscia e preoccupazione, tanto che alla fine del primo semestre feci un esaurimento nervoso tale da farmi venire l'angoscia se non mi trovavo in presenza dei miei genitori. Nel mentre c'era anche mio nonno materno che si spegneva lentamente consumato da parkinson e alzheimer. Al termine di un percorso di psicoterapia offerto eccezionalmente dal servizio di consulenza psicologica dell'università decisi di rimanere stabilmente a Trento perché il clima nella mia famiglia mi era troppo nocivo, considerato che mio padre si era pure ammalato di depressione
(anche le relazioni non sane con la mia famiglia è un argomento che vorrei affrontare un'altra volta) e da lì iniziai a finalmente a crearmi delle compagnie con cui uscire, una composta da miei compagni di corso di Giurisprudenza e una formata da persone facenti parti della sinistra universitaria, ambiente che avevo iniziato a frequentare, tra gli altri. In quest'ultima compagnia c'era un ragazzo che sin dalle prime volte in cui ci siamo conosciuti sembrava avere un atteggiamento molto caloroso e inclusivo nei miei confronti: era lui che dava segno di tenere particolarmente a che frequentassi la compagnia, quando uscivamo a prendere qualcosa insisteva sempre per offrirmi le consumazioni... Cose così, e io pensavo che lo facesse semplicemente per integrarmi nel gruppo. Tuttavia, questo ragazzo per altri aspetti aveva un apparenza molto sospetta riguardo alla sua situazione economica: diceva di rientrare nella prima fascia, quella degli studenti col nucleo famigliare più povero(quella in cui avrei dovuto essere io, ritrovandomi una famiglia mantenuta dal solo reddito di mia madre, maestra d'asilo nido, con 3 famigliari a carico: io, mia sorella e mio padre disoccupato), eppure scherzava sul fatto di essere considerato povero per i canoni del locale ente per il diritto allo studio, uscivamo e puntualmente insisteva per offrirmi da bere(come mai ogni volta, se era povero?), i suoi amici/coinquilini mi confermavano il fatto che aveva soldi da spendere in sciocchezze, si era comprato un Blackberry a 500 euro, a rate, diceva lui... Poi anche i suoi amici scherzavano sulla sua ambiguità a proposito di questo aspetto con battute come "evasore", "finto povero", "quinto nella classifica dei raccomandati"(questo l'aveva detto la sua ragazza dell'epoca, che studiava in un'altra università), poi venne pure fuori che i suoi genitori avevano fatto un viaggio in Danimarca e il padre commerciava gioielli, anche se in epoca di crisi i clienti non lo pagavano e faceva fatica a lavorare, diceva lui(il figlio). La madre, da quel che si sapeva, non aveva mai lavorato. Ovviamente tutta questa ambiguità a me irritava e litigammo un paio di volte, tuttavia senza mai arrivare ad affrontare l'argomento apertamente, anche perché ogni volta ero io a scusarmi per le mie intemperanze dovute al fatto che non stavo passando una bella situazione; comunque, più andava avanti questa situazione più mi convincevo che la sua famiglia evadesse il fisco. Tuttavia, questo ragazzo aveva un modo di comportarsi nei miei confronti che me li faceva percepire come premure e che mi facevano stare bene. All'inizio del terzo anno, quando dovetti presentare la dichiarazione per chiedere i benefici per il diritto allo studio, accadde una cosa che fu la classica goccia che fa traboccare il vaso: quando il CAF mi calcolò l'indice ICEF, che l'omologo trentino dell'ISEE nazionale e pare che sia più approfondito, risultai in seconda fascia, superiore alla sua, anche se nell'anno precedente mio padre aveva lavorato solo quattro mesi e prodotto un reddito annuo di 4000 euro e io ovviamente dovevo stare attenta al centesimo a come spendevo i soldi. Non ce la feci più a sopportare e lo segnalai in forma anonima all'ente per il diritto allo studio: tuttavia la mia segnalazione parse cadere nel vuoto, visto che il ragazzo ottenne regolarmente sia il posto alloggio(fu la situazione in cui la sua fidanzata dell'epoca lo definì "quinto nella classifica dei raccomandati", riferendosi alla sua posizione nella graduatoria delle assegnazioni, io ero 226ma) sia la borsa di studio di importo quasi massimo. Dopo un periodo in cui decisi di non frequentare quella compagnia, alla fine mi risolsi per riprendere le frequentazioni, visto che in generale mi stavano simpatici. Vi chiederete perché: ecco, con quella situazione così pesante nella mia famiglia e la tensione che subivo dovendo stare attentissima ad ottenere i crediti necessari per garantirmi di poter continuare gli studi e rimanere a Trento l'anno successivo avevo assolutamente bisogno di appoggio dall'esterno, visto che la mia famiglia era impossibilitata a darmelo, d'altra parte non potevo nemmeno tornare a Venezia e studiare lì, mi avrebbe depresso in maniera irreparabile. Vi chiederete anche se mi fossi confidata con qualcuno nelle compagnie: lo feci, sia con quella di Giurisprudenza sia con quella del ragazzo, mi confidai anche con lui, tuttavia molti, pur dimostrandomi simpatia iniziale poi si limitarono ad invitarmi ad uscire la sera e ad incoraggiarmi a studiare molto, ma spesso quando ripresentavo il discorso di solito cercavano di evitarlo. Perché rimasi invece che cercare qualcun altro di più empatico? Penso per il discorso appena fatto, inoltre per un lato non volevo sembrare troppo invadente per paura di caricarle di questioni troppo grandi e complesse per loro e di venire prima o poi e più o meno gentilmente allontanata. Intanto il ragazzo continuava a tenere il suo atteggiamento che si sarebbe potuto definire caloroso nei miei confronti e io notavo in maniera sempre più netta che con lui provavo un benessere che con le altre persone non provavo, insomma mi sembrava di provare la prima attrazione seria, romantica e sessuale, della mia vita. Nell'estate di quell'anno, quando dovetti tornare a Venezia dopo la fine delle lezioni perché mia madre considerò uno spreco di denaro mantenermi a Trento anche nei mesi estivi senza che vi fosse un effettivo interesse da parte mia a rimanerci, una sera, dopo uno scambio di battute su facebook con il ragazzo in questione in cui gli avevo domandato scusa per un bisticcio futile, lui mi disse di essere attratto da me e mi propose di diventare la sua amante(aveva sempre la stessa fidanzata all'epoca): adesso, giudicatemi pure come meglio credete, ma a me lui piaceva, anche se io non mi sarei mai permessa di intromettermi in una relazione in corso, inoltre, in una situazione difficile come la mia pensai che una relazione con una persona che avrebbe potuto ascoltarmi e supportarmi sarebbe stata un beneficio per me. Non pensate però che abbia accettato con leggerezza, ci andai cauta: gli dissi che, come sapeva, non stavo passando un bel periodo e non stavo andando in cerca di flirt superficiali, quanto, soprattutto, del sostegno di un amico. Lui disse di volermi aiutare e, anche se era molto attratto sessualmente da me, che mi avrebbe sostenuta qualsiasi decisione avessi preso. Durante quei mesi ci sentimmo e iniziarono a manifestarsi alcuni segnali di stranezza a cui però non davo troppo peso: per quanto il suo tono fosse sempre colloquiale, quasi sempre l'argomento verteva invariabilmente sul sesso e pareva non dare troppo segno di interessarsi al mio quotidiano, a meno che non glielo facessi notare. Non che il parlare di sesso mi imbarazzasse, solo che mi sembrava strano che non dimostrasse di interessarsi alla mia vita, per quanto avesse espresso in maniera appassionata di volermi stare vicino. Pensavo anche che avremmo affrontato l'argomento di persona quando ci saremmo visti. Quell'estate ci siamo visti di persona tre volte in tutto, quando io sono risalita per dare gli esami e il giorno in cui ha preso la laurea triennale. Incontri sessuali non ne abbiamo mai avuti per mia scelta, una volta mi invitò a dormire a casa sua ma rifiutai perché ancora non mi fidavo troppo, un'altra effettivamente ci andai ma ci limitammo a chiacchierare e per le undici-mezzanotte ci salutammo. Sotto questo punto di vista lo apprezzavo per essere paziente e non farmi pressioni.
Verso la fine di agosto successe il fatto che rovinò tutto: una ragazza della compagnia, che era stata eletta come rappresentante degli studenti nel CdA dell'ente per il diritto allo studio, lo informò che dovevano discutere di una segnalazione anonima nei suoi confronti in cui venivano sollecitati degli accertamenti fiscali: lui si ricordò dei litigi che c'erano stati tra noi due e mi chiesi se per caso non ero stata io a segnalarlo, magari nel passato. Io non ce la feci a mentirgli. Ovviamente la sua reazione iniziale fu quella di allontanarmi e così fecero anche alcune persone della compagnia. Quando vidi che le cose si stavano sistemando per il meglio nei suoi confronti, cioè che si trovava sempre nelle prime posizioni della graduatoria di assegnazione degli alloggi, provai a scrivergli una lettera in cui gli spiegavo i motivi del mio gesto e che comunque nell'accettare di diventare la sua amante e nel chiedergli sostegno era indice che avevo completamente cambiato opinione nei suoi confronti, ma mi rispose con false di accuse di mettere a repentaglio la sua prosecuzione degli studi, di una fantomatica fuga di notizie di cui io certo non potevo certo essere responsabile e del rischio addirittura che potesse apparire sulla stampa locale. Al che io mi arrabbiai e gli risposi dimostrandogli che nessuna delle accuse che mi muoveva aveva fondamento e che in realtà l'unica cosa che gli fosse mai interessato di me era la possibilità di portarmi a letto. Mi rispose ammettendo di avere un po' esagerato ma che nel frattempo la sua ragazza lo aveva lasciato e che la sua vita si era completamente rovinata che si chiamava completamente fuori dalla cosa. Tuttavia io non resistetti e dopo un paio di mesi gli riscrissi, ribadendogli le stesse cose che gli avevo scritto nella mia lettera di scuse: questa volta parve acconsentire al fatto che potessimo riprendere a risentirci, tuttavia anche lì poco dopo parve che l'unico argomento che lo interessava e lo animava fosse il sesso, anche se qui c'è da fare un mea culpa perché inizialmente ero stata io ad indicare quella direzione perché l'attrazione nei suoi confronti persisteva, mentre per il resto era monosillabico e indifferente a dire poco. Inoltre, nonostante questa apparente riconciliazione, doveva sembrare che quasi non avessimo contatti nemmeno su facebook e per strada si limitava a farmi cenni di saluto. Gli avevo anche suggerito di reintegrarmi nella compagnia, non per capriccio ma perché comunque per me costituivano un punto di riferimento, e non capivo perché si rifiutasse visto che in ogni caso la cosa era successa tra me e lui e non tra me e gli altri, che alcuni non dimostravano problemi a frequentarmi e con gli altri mi sarei comunque comportata in maniera corretta e che mi diceva lui stesso che se fosse stato per lui mi avrebbe reinserito senza problemi. Ho dimenticato di dire che all'epoca in cui si era detto disponibile a risentirci, cioè appena due mesi dopo essere stato lasciato dalla sua fidanzata che con cui lamentava di aver condiviso quattro anni assieme e che voleva tradire, stava già frequentando un'altra ragazza.
Insomma, non ve la faccio ancora lunga, siamo andati avanti così ancora per un bel po' ad arrabbiarci e riappacificarci, con me che lo accusavo che in realtà di me non gli importasse nulla e con il sesso come unico argomento che sembrava interessarlo(questo perché con la nuova ragazza sarebbero stati, e sarebbero tuttora, una sorta di coppia aperta), fino a che non mi sono definitivamente stufata e tra di noi e ho messo un silenzio durato almeno un anno, fino a quando non ha avuto la sciagurata idea di chiedermi il mio contatto di LinkedIn: al che io inizialmente gli ho domandato in malo modo cosa volesse da me e gli ho ribadito che il sul fatto che di me non gli fosse mai importato nulla c'era il suo comportamento a parlare per lui. Tuttavia a questa mia mail ha risposto di essere "dispiaciuto per essersi comportato in maniera tale da farmi soffrire", di essere diventato "una persona profondamente diversa per carattere e mentalità" e di augurarmi di vivere la mia vita con persone oneste e trasparenti in ogni circostanza: abbiamo avuto uno scambio di battute per ancora un po' di mesi, ma si esprimeva in una maniera talmente vaga, si comportava in maniera talmente incoerente rispetto a quanto affermava(invocava la totale trasparenza quando mi rivelava un decimo delle cose che rivelavo io, tanto per dirne una) e diceva cose talmente in contrasto con i comportamenti che ha tenuto nel passato, come che gli ha sempre importato e molto della mia persona quando non ha mai fatto una domanda su come stessi io o come stesse la mia famiglia, oppure che non mi ha mai considerato come "la donna nascosta da usare a proprio piacimento contrapposta alla donna ufficiale mostrata a tutti" quando con me dopo la ripresa dei contatti non bisognava nemmeno dare segno di essere in contatto su facebook mentre la sua nuova frequentazione l'ha immediatamente mostrata in giro, che mi ha fatto definitivamente capire che mi ha mentito sin dall'inizio, e adesso ho deciso di smettere di sentirlo, per il mio bene, perché penso che sia anche una persona pericolosa.

Comunque, al di là di tutta questa lunga storia, la mia domanda è: sono effettivamente demisessuale e quello che mi è capitato con il ragazzo è stato un accidente oppure le difficili circostanze della mia vita hanno un ruolo in ciò, orientandomi più o meno (in)consciamente verso un certo tipo di relazioni, sia amicali sia, eventualmente sentimentali(intendo relazioni in cui mi possa sentire protetta, non malsane come questa qui)?

Ci sarebbe anche da approfondire il discorso delle amicizie e delle relazioni in generale, più un altro paio di cose, ma quello preferisco riservarlo ad un'altra volta, che penso di aver già scritto anche troppo.

A voi la parola.

Cat.

Re: Quanto c'è di innato e quanto di indotto in me? (1)

Messaggio da Cat. »

Ah, tra l'altro, aggiungo, ho accettato di buon grado di diventare l'amante di quel ragazzo perché in qualche maniera ho sempre percepito la coppia standard come qualcosa di soffocante per me, non però che viceversa consideri il poliamore nelle sue varie declinazioni come un mezzo rivolto ad ottenere la mera gratificazione da una terza persona senza che la cosa comporti alcun costo per sé: ovviamente ci vuole impegno, come in tutte le cose serie.

Ho notato anche che nel forum ci sono alcuni utenti che si definiscono poli, sarebbe interessante sapere cosa ne pensano loro.

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Edward
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Re: Quanto c'è di innato e quanto di indotto in me? (1)

Messaggio da Edward »

Ciao Cat, trovo un po' difficile darti un'opinione sulla possibile demisessualità, perché il tuo racconto è sì lungo e dettagliato, ma narra di un'unica situazione anche non troppo felice visto che questo tipo non mi sembra un granché come persona.
Mi spiace che tu ti sia trovata a vivere una situazione così difficile.
Però, vista la sua complicanza di base, e visto che tu stavi già di tuo vivendo un periodo di stress causa i problemi in casa, l'incognita dell'università, la solitudine, penso che qui centri poco l'orientamento sessuale. In molti si sarebbero trovati in difficoltà.

L'essere una persona che ama stare sola, o che finora non ha cercato molto le relazioni, è una cosa che può riguardare tante persone dei più svariati orientamenti. Quello che voglio dirti è che sulla base degli elementi che hai finora scritto, fatico a trovare qualcosa di particolarmente legato a un orientamento poco comune. Ma questo significa solo che se vuoi un consiglio in proposito sarebbe più utile sapere altre cose. Per esempio, se in genere tu provi attrazione per le persone, se ti sei mai innamorata, se desideri avere qualcuno al tuo fianco o meno, se il sesso è per te un problema oppure no, se provi attrazione sessuale solo in circostanze molto particolari.

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SilverKitsune
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Re: Quanto c'è di innato e quanto di indotto in me? (1)

Messaggio da SilverKitsune »

Per quanto riguarda demisessualità o non demisessualità, sono d'accordo con Edward: la vicenda che ci hai raccontato non da' molti indizi sulla tua possibile demisessualità (o su altri orientamenti).

Quel che mi dice, piuttosto, è che hai fatto benissimo a tagliare fuori dalla tua vita questa personaccia, e che a mio parere avevi completamente ragione quando gli hai detto che ti stava intorno solo per il sesso (hai fatto bene a non darglielo). Una persona di questo genere non la vorrei frequentare mai... ha chiaramente qualcosa di fin troppo sospetto, la sua famiglia non è fiscalmente pulita, e lui ci mangia e ne gode. Stanne alla larghissima!
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Cat.

Re: Quanto c'è di innato e quanto di indotto in me? (1)

Messaggio da Cat. »

Eh Edward, bella domanda! Provo a risponderti punto per punto per vedere se riesco ad essere più chiara.

se in genere provo attrazione per le persone: intanto domando, attrazione di che tipo, visto che di attrazione a quanto pare ce n'è più di un tipo. Posso dire che non sento attrazione di nessun tipo per le donne, per quanto riguarda quella intellettuale posso trovare una donna intelligente ma come persona, non intellettualmente attraente in quanto appartenente ad un genere, ma questo comunque penso che nel mio caso si applichi a tutti i generi. Per quanto riguarda gli uomini, so che una persona voglio prima conoscerla senza secondi fini, se poi si forma qualcosa ben venga, ma non è mai stata una cosa che ricerco attivamente. Anzi, le frequentazioni di persone che non conosco o conosco poco fatte con l'intento del flirt mi irritano.

se mi sono mai innamorata: ma qua bisognerebbe prima chiamare in causa l'orientamento romantico, giusto? Comunque il problema definitorio nel mio caso deriva dal fatto che quelli che si possono definire innamoramenti sono avvenuti tutti a seguito della mia situazione difficile che, per quanto non più grave come all'epoca, persiste ed è ancora critica, quindi è anche alla luce di questa esperienza che vanno considerati. Comunque queste sensazioni le ho provate sinora per tre persone, ovverosia il tipo, un mio compagno di corso che però non mi ha corrisposto e attualmente un mio amico con cui riesco a confidarmi e che apprezzo anche come persona in quanto intelligente, colto, sensibile, maturo e capace di ascoltarmi e che inoltre mi ha fatto un gran favore ospitandomi nel suo appartamento di Trento dopo che ho deciso di andare via dal mio per stare vivendo una pessima esperienza di coabitazione con i miei coinquilini. Per me, fosse lui a dichiararsi gli direi di sì all'istante, solo che da come si comporta pare che non mi consideri altro che un'amica, per quanto cara, e anzi da un'affermazione che ha fatto mi viene il sospetto che aromantico possa essere lui, inoltre vista la situazione particolare che si è creata con me ospite a casa sua non oso espormi per l'imbarazzo che si potrebbe creare e che potrebbe portare anche a conseguenze serie. Comunque, tutte queste tre situazioni condividono la caratteristica del mio bisogno di incontrare una persona che sappia capirmi, sostenermi e proteggermi durante un momento difficile della mia vita. Inoltre con tutti e tre, ma forse ho un dubbio per il mio compagno di corso, non ricordo bene, ho provato attrazione sessuale. C'è anche da dire che io considero pure l'amicizia come un rapporto profondo in cui condividere le proprie esperienze sia belle che brutte e in cui darsi sostegno reciproco, mentre il semplice divertimento, le uscite la sera o nel week end e la conversazione brillante le considero semplice conoscenza e non la tengo troppo in considerazione, per quanto piacevole: quest'ultima, ovviamente, l'ho tendenzialmente messa da parte in favore della prima, che purtroppo però non ho trovato spesso.

se desidero avere qualcuno al mio fianco o meno: allora, come ho già detto prima, ho sempre percepito la coppia standard come soffocante, anche quando si è verificata quella situazione difficile in famiglia e quando il tipo mi ha proposto di diventare la sua amante, cosa che infatti ho accettato, ricordo che ero consapevole di non essere gelosa della sua fidanzata e di essere soddisfatta di avere una parte di libertà per me. Il fatto che poi lui si sia comportato male non dovrebbe influire sulla mia valutazione generale delle cose, giusto? Diciamo comunque che in questo momento di mia insicurezza avrei bisogno di qualcuno, ma non necessariamente un partner, anche un gruppo di amici, che mi stia accanto e mi supporti, ma non sono e non vado alla ricerca attiva di un partner(non ci sono mai andata, in effetti). La riprova è che è quando, prima di conoscere quest'ultimo mio amico, mi vedevo e mi confidavo con una mia amica e un altro mio amico gay potevo dire di stare bene anche così. Ma bisognerebbe fare la controprova e vedere se in una situazione in cui la mia difficoltà fosse assente, come ad esempio in ipotesi in cui non si fosse mai verificata o avessi un lavoro che mi garantisse la stabilità economica sufficiente per poter vivere da sola, mi comporterei alla stessa maniera.

se il sesso per me è un problema: domando anche qui, con il partner stabile od occasionale? L'idea non mi ha mai infastidita, a meno che non comprenda situazioni oggettivamente degradanti o potenzialmente lesive a livello fisico, ma avendolo fatto talmente poche volte e mai a livello penetrativo(un po' di sesso orale con un ex coinquilino, non l'ho trovata brutta come esperienza ma faticosa sì, e un altro paio di volte con un altro ragazzo che però ha sempre perso l'erezione[un altro cretino tra l'altro, ma è durato pochissimo]) posso dire di non averlo praticamente mai fatto e penso che dovrei provare di persona per poterlo dire. Comunque, su alcune persone, non tutte e non generalmente e/o con regolarità, mi è capitato di fare fantasie, ma poco dettagliate e comunque non ho mai sentito la necessità di metterle in atto, anzi, il pensiero il pensiero di farlo mi è sembrato e mi sembrerebbe assurdo.

se provo attrazione sessuale solo in circostanze particolari: come ho risposto prima, mi è capitato di provarla verso queste persone che sembravano dimostrarmi vicinanza in un periodo difficile della mia vita, esperienza che mi è venuto da associare al profondo legame emotivo stabilito con un'altra persona che denota la demisessualità.

Cat.

Re: Quanto c'è di innato e quanto di indotto in me? (1)

Messaggio da Cat. »

Ah Edward, quasi mi scordavo, grazie per la gentile risposta!

@Silver: tranquilla, ho fatto un po' ricerche autonome e mi sono convinta che questo tipo sia un manipolatore e/o un narcisista, di quelli che godono ad avere potere e controllo sulle persone e si esaltano ad avere una o più persone che in qualche maniera dipendano da loro, mentendo spudoratamente per ottenere ciò che vogliono.

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Edward
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Re: Quanto c'è di innato e quanto di indotto in me? (1)

Messaggio da Edward »

Ciao Cat,
ora mi è più chiaro il motivo dei tuoi dubbi.
In sostanza tu non sei quel tipo di persona che concepisce il rapporto occasionale, e direi che questo punto può essere comune a diverse persone, cioè non è necessariamente sintomo di appartenere a un particolare orientamento. Ci aggiungiamo però il fatto che provi una certa vicinanza a persone che ti hanno offerto un supporto in momenti difficili, dunque persone con cui hai instaurato un legame emotivo.
Ora, per come la vedo io, può valere un po' tutto: ci può benissimo stare che tu senta, in un periodo difficile, la necessità di avere qualcuno a fianco che ti capisca. Anche la persona più solitudinaria ha bisogno di legami, soprattutto nei momenti di crisi. E si può reagire in tanti modi: innamorandosi, creando una forte amicizia, provando attrazione. Il punto secondo me sta nel capire con il tempo quale sia la reale natura di questo sentimento, se è solo un supplire a una mancanza oppure un amore autentico o ancora il bisogno di sentire qualcuno vicino.

Al mondo esistono tante persone la cui sessualità coincide con il legame emotivo. Io per esempio conosco molte persone che desiderano fare sesso solo per qualcuno che sa interessarle emotivamente, e che non lo farebbero mai con qualcuno appena conosciuto. Questa però non è demisessualità, ma un modo di concepire i legami.
Dunque io ti consiglio di cercare di capire se potresti semplicemente essere una di queste persone, prima di pensare di essere demi.

Cat.

Re: Quanto c'è di innato e quanto di indotto in me? (1)

Messaggio da Cat. »

Edward ha scritto:Ciao Cat,

Al mondo esistono tante persone la cui sessualità coincide con il legame emotivo. Io per esempio conosco molte persone che desiderano fare sesso solo per qualcuno che sa interessarle emotivamente, e che non lo farebbero mai con qualcuno appena conosciuto. Questa però non è demisessualità, ma un modo di concepire i legami.
Dunque io ti consiglio di cercare di capire se potresti semplicemente essere una di queste persone, prima di pensare di essere demi.
Ciao Edward,

qua però mi pare che tu intenda la cosa in termini di scelta: a me, da che ho memoria e esperienza, con gli sconosciuti, appena conosciuti o con parecchi conosciuti anche per un periodo, non sento scattare niente, non è che preferisco aspettare. Per essere più chiara, con le tre persone di cui ti ho parlato ho sentito proprio una sensazione fisica, una contrazione a livello vaginale, con gli altri no.
Ho parlato di alcune fantasie, ma ho letto anche, e se non erro l'hai scritto proprio tu, che le fantasie possono non corrispondere ad una traduzione sul piano dell'azione e della realtà e nemmeno ad una cosa desiderata, ma essere al semplice servizio della libido: ho capito giusto? Non tiro fuori l'ipotesi della demisessuale libidoista perché potresti trovarla troppo complessa, per il momento.

Comunque io preferirei evitare di cadere anche nell'altro estremo dell'ipotesi, cioè che il mio comportamento sia causato da traumi o brutte esperienze.


Ma, una cosa che non capisco, perché dovrei prima verificare di essere una persona che concepisce i rapporti in una certa maniera, invece che ipotizzare di essere demi?

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Re: Quanto c'è di innato e quanto di indotto in me? (1)

Messaggio da AnDieWelt »

Edward ha scritto: Al mondo esistono tante persone la cui sessualità coincide con il legame emotivo. Io per esempio conosco molte persone che desiderano fare sesso solo per qualcuno che sa interessarle emotivamente, e che non lo farebbero mai con qualcuno appena conosciuto. Questa però non è demisessualità, ma un modo di concepire i legami.
Io invece sapevo è proprio questa la demisessualità.
Stando alle definizioni.

E sulla questione se sia un orientamento o un modo di concepire i legami ci sarebbe da discutere.
"Che cos'è la castità? Non è la castità una follia? Ma questa follia venne a noi e noi ad essa. Noi abbiamo offerto a questa ospite albergo e cuore: ora essa dimora in noi - e ci resti finche vuole!"

-Così parlò Zarathustra-

Cat.

Re: Quanto c'è di innato e quanto di indotto in me? (1)

Messaggio da Cat. »

AnDieWelt ha scritto:
Edward ha scritto: Al mondo esistono tante persone la cui sessualità coincide con il legame emotivo. Io per esempio conosco molte persone che desiderano fare sesso solo per qualcuno che sa interessarle emotivamente, e che non lo farebbero mai con qualcuno appena conosciuto. Questa però non è demisessualità, ma un modo di concepire i legami.
Io invece sapevo è proprio questa la demisessualità.
Stando alle definizioni.

E sulla questione se sia un orientamento o un modo di concepire i legami ci sarebbe da discutere.
Dai, non scateniamo polemiche solo per un mio post! :mrgreen:

Comunque aggiungo che prima di aprire questo topic mi sono previamente letta con attenzione le definizioni e, al netto della sfiga personale, in quella di demisessualità mi ci ritrovo.

Adesso scusatemi ma devo mettermi a ripassare diritto tributario, ci si aggiorna! 8)

Chi vuole continui pure a commentare, a me fa piacere!

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Bianca
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Re: Quanto c'è di innato e quanto di indotto in me? (1)

Messaggio da Bianca »

Ed mi sembra voglia dire che ci sono persone che non desiderano rapporti se non con la persona che amano, quindi, non avrebbere incontri occasionali.
Ad esempio io. ma io non sono demi.
E' una scelta che dipende da come sono fatta, da come sono stata educata, dai principi e da come ho sempre inteso l'amore e il sesso strettamente legati.
Con la definizione di demisessuale, s'intende una persona che non prova attrazione sessuale se non con chi ha stabilito un profondo legame.
Viceversa, l'attrazione sessuale io posso anche provarla per altri, ma non la metto in pratica, perchè la considero una cosa non corretta.

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